Fresh Grunge — Jeff Ament — Renews The Seattle Sound With Riot Act.
di Karl Coryat
Bass Player | 1 Dicembre 2002
Grazie mille a Milena Ferrante.
Non molte band cambiano quattro batteristi in un periodo di dieci anni. Questo ti ha reso le cose più difficili o è stata una buona cosa?
Mi chiedo che tipo di interesse avrei per i Pearl Jam se avessi suonato con un solo batterista. E’ straordinario che uno come Geddy Lee riesca a suonare con lo stesso batterista per 25 anni ed emozionarsi ancora. A un certo punto Ed ha detto che Jack Irons ha salvato il gruppo. Non è che Jack avesse queste straordinarie qualità di guaritore; è solo che avevamo bisogno di un cambiamento. A quel punto, tutto era diventato stressante, eravamo in qualche modo sotto esame – e lo sapevamo. Quel cambiamento ha allentato la tensione e ha fatto in modo che tornassimo alla musica.
Quali sono le differenze di approccio dei batteristi che hanno suonato con i PJ?
Jack ha un groove e un approccio unico quando si tratta di creare le parti. Qualcuno arrivava con una canzone e lui si assicurava di avere i tom adatti e il suo suono era esattamente quello che ci voleva – e questo per parlare solo delle prove. E si assicurava che ciascuna delle sue linee si potesse sentire chiaramente. Ci sono alcuni pezzi su Yield e No code che mi piaceva suonare con lui, specialmente Given To Fly e In My Tree. Dave Abruzzese era un grande batterista per quanto riguarda i suoni “duri”; con lui ho cercato di essere più un tipo di bassista alla Geddy Lee, cercando di seguire le sue sferzate.
Con Dave Krusen cercavamo solo di suonare i pezzi. Il nostro primo disco, Ten, è stato frutto di un lavoro piuttosto duro in studio. Tutti i batteristi hanno un tipo di approccio radicalmente diverso. Dave Abruzzese tirava fuori il meglio da un pezzo come Rearviewmirror, ma con Jack non mi è mai sembrata buona, e quando è arrivato Matt era di nuovo grandiosa. Even Flow non è mai stata un granchè con Dave Abruzzese. È interessante il fatto che ti abitui al modo in cui la canzone suona; spesso è quello che mi piace di più in un pezzo – il groove di Jack in In My Tree, per esempio. Talvolta rinnovi una canzone trovando un nuovo approccio, ma qualche altra volta non funziona.
Quali erano le tue mete personali quando sei entrato in studio per Riot Act?
Quando abbiamo cominciato a provare sentivo che le mie parti dovevano essere più scarne – anche se non sono mai stato un bassista particolarmente impegnato in parti complesse. Così c’è un sacco di P-bass con flatwounds (tipo di corde) sul disco. Si trattava di trovare il suono giusto per ogni pezzo invece di fare qualcosa di stravagante o sperimentale. La cosa più importante è considerare come suonavano le chitarre o il kick drum: se un pezzo aveva un suono del kick drum più chiaro, sceglievo un colore più cupo e sordo.
La mia altra intenzione era di riuscire a trovare un punto d’incontro con Matt nel modo più naturale possibile. Abbiamo suonato con Matt per un paio di tour e anche su Binaural così questa volta abbiamo cercato di produrre delle vere e proprie take della sezione ritmica. Eccetto per un paio di cose, abbiamo registrato quasi tutto dal vivo.
L’ultima volta che i PJ hanno registrato in quel modo è stato per Vs. del 1993.
La cosa che accomuna Riot Act e Versus è il fatto che abbiamo provato i pezzi per un paio di settimane. Tutti conoscevano i pezzi già un mese prima di registrare. Da Vs. in poi abbiamo imparato i pezzi in studio, così a volte è stato davvero difficile. Avevamo tra le mani un pezzo solo per quattro o cinque ore e dovevamo cercare di metterlo in forma definitiva e a volte non trovavamo l’approccio giusto. A volte devi avere il tempo di assimilare una canzone per un paio di settimane per capire come le parti vocali si adattino al pezzo. Nei nostri ultimi tre o quattro dischi finivo spesso per rientrare in studio da solo e rifare completamente la mia parte. Questo è successo su forse metà dei pezzi dei nostri dischi precedenti.
Ti sei ritrovato a dover cambiare intere parti o si trattava solo di trovare il giusto feel?
Inizialmente volevo trovare la sensazione giusta ma in seguito potevo anche decidere che era la parte a non essere adatta. Qualche volta poteva sembrare buona a me ma non a Ed o Stone. Qualche volta buttavo giù tre approcci completamente diversi per le linee di basso – una parte molto ricca, una molto semplice, e qualcosa di davvero sperimentale – per vedere come reagivano gli altri. Questa volta, a parte qualche tempo forte qui e là, le tracce base sono rimaste le stesse – eccetto che per You Are, che è stata un copia incolla.
Generalmente abbiamo fatto cinque o sei take; di solito la migliore era la seconda o la terza. Il modo in cui registriamo nel nostro studio è basato di solito sul copia incolla – ma per Riot Act ci siamo imposti come sfida di essere una live band. Molta della musica che ascolto oggi non suona come se fosse realizzata da un gruppo che suona dal vivo; non so se c’è un modo giusto o uno sbagliato per fare un disco, ma è più stimolante per tutti concentrarsi allo stesso momento e cercare di fissare un pezzo suonando insieme.
Di tutti i pezzi, All Or None è stato quello su cui ho dovuto lavorare di più. All’inizio suonavo fondamentali per tutto il pezzo, ma non era granchè; sembrava noioso. Poi mentre gli altri erano in pausa pranzo, ho suonato il pezzo più volte nella sala controlli finché non ho ottenuto una parte che mi convinceva. All’inizio Stone pensava che la parte fosse troppo ricca, ma alla fine si è convinto.
Hai dovuto lavorare duro per sviluppare un’intesa con Matt?
Il groove naturale di Matt e il mio sono molto diversi. Di solito preferisco che le cose siano più libere o variazioni di ritmo, mentre lui arriva esattamente sui tempi forti, è quasi metronomico. Mi ci è voluto un po’ per abituarmi al suo senso ritmico.
Nei primi due tour americani che abbiamo fatto con Matt, alcune cose suonavano davvero bene, altre meno. Ma dopo aver registrato Binaural insieme e durante il tour europeo cominciò davvero a funzionare. Ci potevamo sentire e ho avuto la sensazione di essere in linea con Matt per la prima volta.
Hai dovuto adattarti anche mentalmente?
Non è che ci abbia pensato, nel senso che non mi dicevo, “devo assolutamente arrivare al momento della battuta qui”. È solo una sorta di tira e molla tra noi. Il mio ego sta cercando di imporgli un certo rilassamento e lui invece cerca di farmi suonare più a tempo.
Hai detto che hai usato più spesso un Precision Bass per le session di Riot Act. Perché hai cambiato il tuo strumento preferito il Jazz Bass?
Avevo il mio Jazz Bass in studio ma per qualche motivo non suonava bene – era un po’ troppo leggero o suonava troppo “raffinato” per questi pezzi. Ho questo P-bass bianco del ’64 o ’65 da anni; penso che sia il terzo basso che abbia mai avuto. Non penso di averlo suonato fino a Binaural. Non appena ho tirato fuori quel P-bass tutto è diventato più corposo assumendo la tessitura giusta. È incordato con vecchie flat-wounds nere di nylon. Penso che siano Rotosounds; le usavo quando ero nei Mother Love Bone e non le ho mai cambiate da allora. Sono un po’ consumate in alcuni punti. Ho suonato la maggior parte dei pezzi con quel basso o con un P-Bass del ’58.
Ho usato un contrabbasso elettrico Azola Acoustic Baby Bass per All or None e Thumbing My Way. L’Azola suona benissimo – ha un sacco di toni bassi. Metà di quello che si sente in Thumbing My Way è stato registrato con due microfoni. Ci siamo disposti a semicerchio con strumenti acustici. Avevo un amplificatore nella stanza ma era supersilenzioso. Ho usato un Les Paul Signature Bass per Save You e Cropduster. E per You Are ho usato questo brutto Ovation Magnum con un enorme pickup – è lo stesso tipo di basso che Bill Laswell usa qualche volta per quel suono dub dai toni molto profondi. Ho accordato l’ultima corda in Do per quel pezzo.
La maggior parte dei pezzi è stata registrata attraverso un impianto STV del ’73microfonato e abbiamo anche collegato una linea diretta in un preamplificatore Avalon U5. Come distorsore ho usato un pedale Fulltone Bass Drive. L’ho collegato a un impianto SVT ed è incredibile – posso regolare la grana sonora girando una manopola.
Green Disease ha il suono di basso più incisivo dell’album.
Quella è stata interessante. Ed ha portato un demo con questo bel suono di basso che suonava come se fosse stato registrato con un amplificatore con uno speaker di due pollici. Volevamo riprodurre quel suono così mi sono collegato a un amplificatore per chitarra Fender Dual Showman e a uno speaker cosa che ha finito per risucchiare tutti i toni più profondi.
Sei coinvolto nelle session di missaggio?
Un po’. Generalmente chi ha portato originariamente il pezzo si occupa di supervisionare il missaggio. Per Riot Act ho scritto Help Help, Ghost e la musica di ½ Full. E’ probabilmente la cosa che mi piace di più – finire i pezzi e portarli al gruppo, e sperare che agli altri ne piacciano una o due.
Con quale strumenti scrivi?
Principalmente con la chitarra acustica, ma uso qualunque cosa, il basso, il pianoforte e la chitarra elettrica. Di solito scrivo un riff e lo butto giù con la drum machine o suono la batteria e faccio andare un loop. Nel nostro ultimo tour ho comprato un 8 piste digitale Boss così quando siamo in tour porto quello, un microfono un Pod Line 6 e una drum machine. Ho scritto Ghost in quel modo. Se abbiamo un giorno libero e siamo in un posto che non è granchè è una buona occasione per scrivere.
Sei ancora attivo con i tuoi progetti paralleli come i Three Fish?
Il progetto Three Fish non è più attivo, anche se registro ancora con Richard Stuverud tre o quattro volte l’anno. Abbiamo un bel po’ di materiale. Non so cosa succederà. Recentemente Doug Pinnick (dei King’s X) è venuto a Seattle per registrare alcune cose con me. Ogni volta che lo vedevo gli dicevo, “Ehi, quando faremo quel disco R&B o quel disco gospel?” Sono sempre stato interessato a vedere cosa succederebbe se Doug facesse un disco non necessariamente heavy, concentrandosi solo sulla voce. Probabilmente ne verrebbe fuori qualcosa come i Three Fish nel senso che dopo esserci ritrovati alcune volte e aver registrato una dozzina di buoni pezzi, lo faremo uscire. Per me è un’occasione di suonare con qualcuno che tengo in grande considerazione per quanto riguarda il songwriting e la competenza musicale.