Daily Record | 9 marzo 2009
By Bryan Quinn
Traduzione a cura di As_It_Seems
Seattle è smpre stata fuori dal circuito mainstream del rock Americano, e allora come si è sviluppata la scena negli anni ‘80?
Stone : Tutti erano in una band. Non c’era molto altro da fare a parte questo, nessuno aveva un contratto. Molti di noi non sapevano suonare! Cercavamo di mettere sul piatto qualsiasi cosa avessimo e questo ha creato alcune strane combinazioni di persone che suonavano insieme e tutti ci investivamo al massimo nel senso di “cosa hai da perdere?”
Matt : Seattle era isolata, per cui tanti grandi del rock di fama nazionale non necessariamente venivano a Seattle e Portland. Questo costringeva la scena musicale del Nord Est a guardare al proprio interno e a creare cose in proprio, a suonare nei nostri clubs. In quel periodo l’underground degli anni ’80 negli USA stava diventando indubbiamente molto più organizzato con band come Black Flag e Husker Du, Minor Threat, Butthole Surfers, che riuscirono a creare un circuito che non aveva niente a che fare con le major e con l’industria della musica che esisteva in quel momento.
La nostra scena musicale si è connessa direttamente a quello spirito fai-da-te.
Jeff e Stone, voi avete iniziato a suoare insieme nei Green River nel 1984. Quali sono state le vostre prime influenze?
Stone : le mie influenze sono state tanto rock FM e pop alla radio. Simon and Garfunkel e disco. Non potevi fare a meno di essere influenzato dalla disco. Anche se non ti piaceva la disco in quel periodo era dappertutto. Ho perso il punk inglese, non l’ho mai capito veramente finché non ho iniziato ad ascoltare i Sex Pistols nell’84 e allora ho detto WOW, questa è una rock band. Anche l’Heavy Metal era importante. I Motorhead erano la più grande band di Seattle, il ricordo fondamentale di quanto ti piacevano i Black Sabbath quando avevi 8 anni.
Qualcuno sostiene che i Green River hanno inventato il grunge.
Jeff : (ridacchia) Nell’ultimo anno abbiamo suonato quattro show con i Green River e sebbene sia stato bellissimo tornare indietro, siamo giunti alla conclusione che stavamo più che altro saccheggiando i Black Flag e Motorhead e The Stooges. Penso che questo è ciò che ha finito per diventare grunge quindi probabilmente dobbiamo alcune royalties di quell’epoca a Iggy e Lemmy e Greg Ginn. Non le hanno ancora chieste!
Nei primi anni ’90 il futuro della scena rock di Seattle sembravano essere i Mother Love Bone, nei quali Stone e Jeff scrivevano molte delle canzoni. La band aveva un carismatico frontman, Andrew Wood e aveva firmato per una major. Alcuni giorni prima della pubblicazione dell’album di debutto della band, Apple, Wood ebbe un’overdose di eroina. Morì alcuni giorni dopo per un’emorragia cerebrale. Quando Andrew morì avete sentito che la vostra possibilità era svanita?
Jeff : Sentivo che forse quella era la mia unica possibilità. Sono stato un po’ con Stone subito dopo la morte di Andy. Facevamo lunghe corse in bicicletta, andavamo in giro, bevevamo caffè e parlavamo di niente altro che di stare insieme in una band. Cercavo di trovare in qualche modo un senso a quello che avrei fatto e se Stone ed io avremmo mai fatto altro insieme. Un mio amico, Richard Stuverud, era in una band chiamata War Babies. Il loro bassista se ne era appena andato e mi disse “abbiamo uno show fra 3 giorni, puoi imparare questi pezzi e suonare con noi?” L’ho fatto e mi sono divertito moltissimo, più che negli ultimi giorni nei Mother Love Bone. Nello stesso periodo Stone mi disse che lui e Mike [McCready] avrebbero suonato alcuni pezzi nuovi che lui aveva scritto e mi chiese se volevo suonare nel demo che avrebbero registrato.
Stone : Adoravo scrivere canzoni, era come una malattia per me quindi ho semplicemente continuato a scrivere. Avevamo vissuto circostanze durissime ma allo stesso tempo mi piaceva svegliarmi, scrivere canzoni e suonare in una band soprattutto se sono cose che puoi suonare.
Come avete incontrato Mike?
Jeff : Ho incontrato per caso il cantante degli Shadow nel parcheggio dietro il ristorante in cui lavoravo e mi ha invitato al loro show. Quando ho finito di lavorare sono entrato e Mike era sul palco da solo a suonare la chitarra stile Eddie Van Halen.
Mike [ride]: Lui è rabbrividito. Anche se Jeff era nella scena punk rock ed io ero nella scena metal, la scena qui a Seattle era piccola nei primi anni ’80 per cui era difficile non imbattersi in qualcuno.
Dalla fine degli anni ‘80 ho iniziato a conoscere il music business. Ho suonato in band da quando avevo 11 anni e con gli Shadow ci siamo trasferiti a Los Angeles nell’86 cercando di sfondare laggiù. Abbiamo suonato per circa un anno, abbiamo fatto baldoria, abbiamo finito i soldi e mi sono totalmente disilluso sul rock and roll. Avevo il morbo di Crohn, che mi ha messo in ginocchio e così ho cambiato tutto. Pensavo che non sarebbe mai successo niente. Sono arrivato all’illogico estremo. Così sono tornato a scuola a Seattle, mi sono tagliato i capelli e mi sono messo a leggere i libri di Barry Goldwater. Questo è durato per circa un anno, poi ho sentito suonare Muddy Waters in Last Waltz dei The Bands ed ho ricominciato a suonare. Per fortuna!
Ho saputo che Stone mi cercava, mi aveva visto suonare ad un “party jamming” per un disco di Stevie Ray Vaughan quando i Mother Love Bone si dovevano ancora formare, quindi per me era una grande opportunità. Nella mia mente Stone ce l’aveva fatta perché aveva un contratto per un disco, aveva già fatto dischi, conosceva il gioco e questa era una cosa impossibile per me. Stone e Jeff erano delle rock star nell’area di Seattle, ho dovuto chiedere a Stone, dopo che avevamo iniziato a suonare da circa una settimana “metteremo su una band? Cosa vuoi fare?” Perché lui si teneva tutto dentro. E’ stato un periodo nuovo davvero eccitante. E’ stato un momento fatale per me.
Il trio Stone, Jeff e Mike mise insieme velocemente alcune idee per dei pezzi ma stava ancora cercando un cantante e un batterista. Matt Cameron, batterista dei Soundgarden e membro importante della scena di Seattle, venne reclutato per suonare nei demo tapes. Otto anni dopo si è unito ai Pearl Jam come loro batterista ufficiale .
Matt : Non avrei potuto immaginare ciò che sarebbe successo ovviamente ma i loro pezzi erano così ben strutturati che potevi sentirci la parte cantata sopra. E’ stata una cosa divertente da fare visto che ero tra un tour e l’altro. Non suonavano come i Mother Love Bone secondo me. Sembrava che Stone stesse cercando qualcosa di diverso.
Stone : Mi aspettavo che avremmo trovato qualcuno [come cantante] a Seattle solo perché fino a quel momento era sempre andata così. Ci piaceva il disco dei Chilli Peppers “Uplift Mofo Party Plan” e la batteria di quel disco. E allora visto che avevamo avuto un po’ di successo avendo avuto un contratto discografico, pensavamo “Ok forse potremmo essere abbastanza arditi da chiamare Jack Irons [batterista] e sentire cosa sta facendo” perché sapevamo che in quel periodo non suonava più con i Chilli Peppers. Suonava con gli Eleven ed io gli ho chiesto letteralmente mentre stava partendo “se conosci qualche cantante, facci sapere” e lui ha detto “sì, conosco un ragazzo. Eddie il pazzo”.
Il demo tape è stato consegnato a Eddie Vedder che ha avuto un’illuminazione sulla sua tavola da surf. Ha rapidamente registrato tre parti vocali sulle tracce e le ha rispedite a Seattle. Quale è stata la vostra reazione alle canzoni di Eddie?
Stone : Per Jeff è stato istantaneo, gli è piaciuto moltissimo e molte persone si sono accorte di quanto fosse buono. Per me è stato un processo più lungo. Probabilmente ero lento. Era chiaramente un ottimo cantante. Non lo avevo necessariamente capito. Puoi sentire una canzone nella tua testa ma quando qualcuno ti riporta una parte vocale perfetta tu puoi pensare “wow questo è un approccio diverso”.
Quando Eddie è arrivato a Seattle ha insistito per andare direttamente dall’aeroporto alla sala prove .
Stone : Eddie non era un alcolizzato. Era una persona dolce. Ci ha portato dei regali. Era molto introspettivo e molto particolare e questo era un grande cambiamento così ci siamo tuffati in questa cosa e abbiamo scritto un po’ di canzoni. Poi abbiamo capito che funzionava. Tu scrivi le tue canzoni e le fai tue, poi vai fuori e le suoni, cerchi di metterci tutto te stesso e speri per il meglio.
Mike : la prima volta che Ed è venuto in studio indossava una t-shirt dei Butthole Surfers. Aveva i capelli lunghi ma era rasato ai lati, pantaloncini tagliati e scarponcini Doc Martens abbastanza usati ed era abbronzato perché viveva in California. Lo avevo già sentito cantare nel demo e sapevo che aveva una voce fantastica, meravigliosa, quindi mi chiedevo che aspetto avesse questo ragazzo. Fisicamente era come me. Non era alto, era modesto ma quando ha aperto la bocca ho sentito questa voce potente e mi ha impressionato. Poiché non si sentiva ancora a suo agio, era piuttosto impassibile e serio, non si muoveva molto, al contrario di come fa adesso. Ha cantato con quella incredibile voce stando lì in piedi. Mi ha colpito profondamente.
Sapevo che quello era uno di quei momenti che capitano una sola volta nella vita di una band. Lui era il pezzo mancante della nostra band. C’erano 5 ragazzi in una band, tutti andavamo a mille e Ed era colui che ci poteva condurre verso la terra promessa. Non avevo idea che sarebbe stata una cosa così enorme come poi è stata ma sapevo che eravamo grandi.
Jeff : Quando abbiamo suonato con Ed sapevamo che stava succedendo qualcosa. Mi sentivo legato a quello che diceva, al modo in cui cantava e alla voce che aveva portato alla band. Mi sentivo più legato a tutto questo che ad ogni altra band in cui ero stato. Da qualche parte nel profondo sapevo che ci stava dando qualcosa a cui il pubblico avrebbe risposto.
La band si presentava originariamente come Mookie Blaylock, il nome di un giocatore di basket. Dopo aver firmato per la Epic Records diventa chiaro che bisognava trovare un altro nome per ragioni legali. Come avete deciso il nome “Pearl Jam”?
Mike : Jeff, Ed e Stone avevano visto Neil Young fare jam per parecchio tempo per cui la parola “jam” era lì. Mi ricordo questa lista di nomi e noi che stavamo seduti attorno al B&O coffee shop di Broadway. “Pearl” era lì in cima alla lista e c’era “Jam” in mezzo a tutte quelle altre parole e le abbiamo messe insieme. Jeff le mise insieme e noi abbiamo pensato “ecco qui”.
Come andarono le session di registrazione di Ten?
Mike : inizialmente abbiamo fatto alcuni demo nel nostro studio, Galleria Potato Head. Quando abbiamo registrato Ten abbiamo portato quelle idee a cui Stone ed io avevamo lavorato, a cui Jeff, Stone ed io avevamo lavorato e sulle quali Ed aveva cantato nel giro di una settimana, Alive, Once, Jeremy e un altro paio che non sono finite nel disco. Siamo andati poi nei London Bridge Studios in North Seattle e siamo andati avanti a registrare diverse take al giorno, per passare poi all’overdub più tardi o il giorno successivo.
Abbiamo fatto Evenflow almeno 50 o 70 volte. Giuro su Dio che è stato un incubo. L’abbiamo suonata ancora e ancora fino ad odiarci l’uno con l’altro. Penso ancora che Stone non sia soddisfatto di come è venuta. E’ stata forse la cosa più difficile ma è stato anche molto eccitante essere in una grande major a registrare in studio per la prima volta.
Quali sono le vostre canzoni preferite di Ten?
Stone : Io amo Oceans. Probabilmente riassume la mia passione per la scrittura di canzoni. L’inizio è come privo di messa a punto, i primi accordi sono lineari e sono solo 2 dita che attaccano e staccano per creare il tutto e poi si muove giù di una posizione e torna indietro. Ha un minuscolo cambio in mezzo ma ha anche 3 grandi movimenti. Quello che amo della musica sono gli accordi estetici; più sono semplici e meglio è e poi un altro set che apporta qualcosa a questi accordi originali. E’ un arrangiamento davvero semplice.
L’abbiamo scritta, l’abbiamo suonata e Ed l’ha cantata, che è un’altra delle cose che lui fa. Non ho mai visto nessuno impegnarsi nella scrittura delle canzoni nello stesso modo. Ecco la canzone, fammela suonare per te. Funziona così. “Ok c’è un cambiamento qui, facciamolo” e lui lo cantava. Io avrei ascoltato le melodie e avrei pensato “OK scriverà le parole o quello che sia” e poi più tardi mi sono reso conto che in realtà aveva scritto le parole proprio lì. Non riuscivo a capire come potesse farlo. Da allora ho incontrato molte persone che riescono a farlo, ed è stata una rivelazione, ma lui riesce a farlo meglio di chiunque altro io abbia mai visto.
Matt : Quando ero nei Soundgarden e stavamo facendo Badmotorfinger, Eddie portò i mixaggi di Ten ed io ricordo chiaramente di aver ascoltato il ritornello di Evenflow e di aver pensato che fosse IMMENSO. Così “hooky”, dà la sensazione davvero meravigliosa dell’immenso rock degli Zeppelin. Nonostante l’abbiamo suonata 2000 volte da quando io sono nel gruppo, credo che sia la canzone che rappresenta la quintessenza dei Pearl Jam. Anche se è stata consumata, i dadi e i bulloni di quel pezzo sono fantastici. Anche Oceans è una canzone fantastica. Super divertente da suonare.
Mike : A me piace moltissimo Alive, lo vedo come un pezzo live che abbiamo suonato in tutti questi anni e al quale il pubblico risponde molto bene e per il quale ha un attaccamento emotivo. E io faccio un divertente assolo in quel pezzo!
Jeff : A quei tempi era Oceans ed è ancora la mia preferita. Quando l’abbiamo registrata pensavo che stavamo facendo qualcosa di innovativo e che esistevano molti altri posti in cui potevamo portare la musica che stavamo facendo. Mi piace anche l’intro e la musica di coda, che era un tipo di arte, un progetto che abbiamo fatto un giorno in cui tutti erano malati. E’ la cosa che mi ha appassionato di più, roba che è un po’ fuori dal territorio che conosciamo. Ogni disco che abbiamo fatto ha avuto un piccolo progetto artistico. Qualcuno arrivava con una visione di qualcosa di folle o un differente modo di approcciare la registrazione o la scrittura o cambiare gli strumenti. A volte sono stati dei fallimenti ma ogni tanto è capitato qualcosa di veramente buono che ha createo un nuovo modo di fare musica insieme. Se avevamo la sensazione di spingerci oltre e le persone rispondevano positivamente, questo per me è un successo.
Ten ha venduto 12 milioni di copie ed è diventato un album seminale degli anni ‘90. Cosa ne pensate oggi?
Stone : Credo che Ten sia acora buono ma non lo ascolto (ride). Il nuovo mixaggio del disco è fantastico. Una delle cose che mi appassiona di più è che Brendan ha fatto un altro mixaggio, suona un po’ di più come i nostri dischi successivi, quindi ha una cura diversa.
Matt : Ha indubbiamente resistito alla prova del tempo. Per me ha il sound di una band che suona in studio.
Jeff : Un po’ di senno di poi ma non necessariamente i 17 anni che ci sono voluti per arrivare a questo punto! Già dal momento in cui abbiamo fatto il nostro secondo disco pensavamo al remixing di Ten. La versione originale è un po’ più simile ad una produzione anni ‘80. Quando Brendan ha mixato Vs., gli ho chiesto “puoi remixare Ten solo per me in modo da pter ascoltare una versione più asciutta, più diretta di queste canzoni?”
Il “Super deluxe Ten reissue package” contiene ogni sorta di extra “chicche”, inclusi i demo tape originali di Eddie, un DVD della vostra performance all’MTV Unplugged, un nuovo remix di Ten realizzato da Brendan O’Brien, quaderni di appunti e versioni in vinile. Come ci si è arrivati?
Jeff : era da tanto che la Sony ci aveva chiesto di farlo ma Kelly, il nostro manager, ha avuto l’idea di fare un film retrospettivo per l’anniversario dei 20 anni e così ha lavorato con Cameron Crowe [regista] negli ultimi anni. Ci ha presentato l’idea di ristampare alcuni dei nostri dischi per preparare la strada a tutto ciò ed io ero molto eccitato dall’idea di rifare Ten. Non ero soddisfatto del package originale. Abbiamo avuto restrizioni piuttosto severe su quello che potevamo fare. Non ci hanno permesso di farlo uscire in vinile e questo è stato un brutto colpo per noi in quel momento perché io credo di non aver nemmeno avuto un lettore CD all’epoca. Io sono stato una delle ultime persone che conosco a comprare un lettore CD.
In un primo momento pensavo che fosse meglio fare della brutta arte da soli piuttosto che avere qualcuno che crea qualcosa che lui pensa possa rappresentarti. Ed ed io siamo sempre stati super attivi in tutti i nostri progetti artistici e Ten è stata l’unica volta nella storia dei Pearl Jam in cui il prodotto finale non è stato al 100% quello che volevamo. C’è stato un po’ di scontro con l’ufficio artistico della Sony all’epoca. La versione che tutti conoscono come copertina dell’album Ten è rosa mentre nell’intenzione originaria era di un colore più borgogna e la foto della band doveva essere in bianco e nero. Ho pensato che questa ristampa potesse essere un’opportunità di tornare indietro e terminare quello che avevamo iniziato.
E’ stato piuttosto difficile in realtà trovare le fotografie originali così tutto ciò con cui abbiamo potuto lavorare erano foto in bianco e nero e quindi abbiamo una versione lievemente differente da quello che era il colore originale. Gli abbiamo dato poi un tono seppia come finitura. Ed ed io abbiamo scavato tra scatole e scatole di memorabilia e diari che avevamo tenuto durante i tour e la lavorazione di quel primo disco ed abbiamo creato un diario con moltissimi di quei manufatti ed è stato davvero divertente. Credo fosse la prima volta che ciascuno di noi rovistasse tra quella roba da 17 anni a questa parte ed ha riempito alcuni vuoti di memoria che avevamo avuto da quell’epoca. Penso che sia venuto fuori un bel package, un package per veri fans.
Mike : Quando abbiamo fatto l’MTV Unplugged eravamo arrivati quel giorno dalla Germania per cui eravamo tutti stanchi, con il jet-lag e i postumi della sbornia. Abbiamo noleggiato delle chitarre che erano ok e non ci sentivamo molto tranquilli ma sapevamo che si trattava di qualcosa che dovevamo fare. Nessuno nella band è mai stato così contento di quella performance ma MTV Unplugged ha appassionato così tanti fans negli anni che ci dicevano “ragazzi quando lo pubblicherete?” E così lo pubblichiamo per soddisfare la richiesta dei fans.
Nei primi giorni Ten ha venduto poco e la band è andata in tour per mesi per promuoverlo. Durante i suoi primi show Eddie Vedder era un front man molto misurato. Alla fine è diventato un performer ispirato. Cosa ha provocato questo cambiamento?
Mike : Quello che ha fatto cambiare Ed dall’essere impassibile e introverso è stato quando Chris Cornell dei Soundgarden lo portò fuori a bere e gli diede forse l’idea di sciogliersi un po’. Io non so cosa fece ma dopo che uscì con Chris iniziò ad aprirsi un po’ di più. Poi siamo andati in tour, siamo andati in Europa diverse volte e lui è diventato questo ragazzo che voleva arrampicarsi ovunque nel bel mezzo delle canzoni. Ero preoccupato ogni volta che lo faceva.
Eravamo a San Diego, eravamo noi, i Nirvana e i Chilli Peppers. Lui saltò in piedi su questa impalcatura, lanciò su il cavo del suo microfono, si arrampicò forse per 40 piedi (15 metri), mentre noi facevamo l’assolo di Alive. Io pensavo “questo ragazzo cadrà e si ammazzerà e la nostra carriera è finita”.
Stone : Ed non si esibì nel modo in cui fece successivamente finché non fece 40 o 50 concerti. Forse non così tanti. Improvvisamente scoprì come scambiare energia con il pubblico come non aveva mai fatto prima così quando ci riuscì…wow! Ed sa come interpretare una canzone e le persone possono vederlo nei suoi occhi e sentirlo nella sua voce e ci si immergono.
Capivo che tutto sarebbe cambiato mentre eravamo in tour e facevamo concerti straordinari. Nel disco successivo si è sentita probabilmente una maggiore consapevolezza nella registrazione. Mi sono reso conto di come le cose potevano cambiare ed evolvere e questo mi ha dato molta ispirazione per continuare, possiamo fare ballad, possiamo fare cose veloci, possiamo fare cose lente, possiamo fare cose punk. Lì ho capito che c’erano tanti posti in cui potevamo andare con Ed. Avere Ed che può cantare qualsiasi cosa, il modo in cui scrive i testi e il modo in cui si approccia al tuo materiale, è fantastico. Lui ama davvero farsi coinvolgere, le sfide di tutte le nostre canzoni e i diversi modi in cui venivano presentate. Lui ascolta le cose e quando ci è dentro ti dà una tale incredibile varietà di approcci vocali e ritmo e storia. E’ così bravo a farti vedere diversi punti di vista che è come andare a Disneyland.
La band ha avuto un enorme successo molto rapidamente ma poi anziché andare ad afferrare ogni dollaro, avete assunto un atteggiamento contrario: avete smesso di girare video e avete iniziato una battaglia con Ticketmaster. Era condiviso da tutti all’interno del gruppo?
Mike : L’idea di ritirarci quando eravamo al massimo della nostra popolarità non mi piaceva così tanto all’epoca. Io volevo continuare a cavalcare il successo e partecipare al gioco, fare video e andare in tour, non buttare via questa grande opportunità. Col senno di poi era l’idea giusta.
E’ successo tutto così velocemente per tutti noi, improvvisamente. E’ stata una sorta di devastazione mentale. Ha colpito tutti noi in modi differenti e non parlavamo tra di noi, facevamo troppe feste, Ed era sulla copertina di Time, tutto era esploso, certamente la casa discografica non voleva che facessimo tutto ciò. La casa discografica voleva che facessimo un video per Black, voleva che suonassimo a tutti i game show, che apparissimo ovunque fosse possibile e ci contrastarono per un lungo periodo su queste cose e noi eravamo molto incazzati per questo.
Jeff, Stone e Ed specificamente volevano ritirarsi e questo ci ha salvato.
Jeff : All’epoca pensavamo che vendere milioni di dischi fosse la più grande maledizione possibile. Vedevamo il lento successo dei REM come il modo giusto di fare perché loro venivano da quello stesso tipo di background fai-da-te. Ma guardando indietro, quel potere ci ha dato molta libertà e ci ha permesso di fare le cose in un modo che probabilmente il 99% delle band che erano in giro con le major non potevano fare. Abbiamo creato il nostro metodo e il nostro manuale su come fare le cose e ci stiamo ancora lavorando a causa del modo in cui oggi stanno cambiando le tecnologie.
Il processo di creazione di un video era molto meticoloso per noi. Non era qualcosa con cui ci sentivamo a nostro agio, volevamo assicurarci che il processo di editing andasse nel modo giusto e che fosse provocatorio quanto volevamo noi, quelle erano battaglie che duravano settimane e a volte mesi. A volte abbiamo speso $200,000 in questo pezzo di arte che nessuno ha mai visto così ci sembrava solo uno spreco di tempo quando piuttosto avremmo potuto fare dei concerti o scrivere canzoni.
Dopo aver vinto il video dell’anno per Jeremy ci siamo detti “bene, l’abbiamo fatto. Abbiamo fatto il miglior video del pianeta quest’anno perciò adesso facciamo qualcos’altro”.
Negli anni i Pearl Jam sono stati incredibilmente di supporto ai loro fans. Questo è sempre stato nei vostri progetti oppure è una cosa che si è andata via via sviluppando?
Stone : E’ sempre stato in progetto nel senso che abbiamo capito subito che farsi le cose da soli è positivo. Nessuno di noi si aspettava che succedesse nulla. Abbiamo solo iniziato a suonare, andare in tour e fare le T-shirt, registrare e fare singoli colorati. Abbiamo iniziato a farlo da soli.
Mike : I nostri fan sono molto importanti per noi. Loro sono tutto. Sono la ragione per cui io sono seduto qui su questo divano nella nostra warehouse. Noi gestiamo un business fuori di qui – è molto importante. Ci tiene vivi come band. I nostri fan sono estremamente importanti per noi e ci seguono ovunque. Le persone vengono a vedere centinaia di concerti, è una cosa che mi fa impazzire.
Jeff : Dopo aver venduto un’enormità di dischi con Ten avevamo un po’ di potere così abbiamo deciso di esercitarlo. Cosa vorrebbe un fan? Abbiamo approcciato le cose da questo punto di vista. Il modo in cui i Pink Floyd realizzavano dei package usando artwork di Hipgnosis, i Led Zeppelin usavano dei packaging davvero speciali. Era qualcosa di mistico ed estremamente creativo e spesso erano cose totalmente non convenzionali. Mi piace pensare che abbiamo usato quel piccolo potere che avevamo per fare cose che sembravano più cool.
I Pearl Jam sono stati una delle prime band a pubblicare bootleg ufficiali – ed ora download in internet – dei concerti. Avete avuto qualche obiezione dalla casa discografica quando avete iniziato a farlo?
Stone : Sono sicuro che c’è stato qualcuno che ha detto che era una cattiva idea ma noi abbimo fatto pressione e credo che alla fine abbiano detto “oh ne abbiamo venduti migliaia per cui va bene”. Non ho tenuto gli appunti (ride) su quanto abbiamo dovuto fare perché la casa discografica ci lasciasse fare i bootleg.
Mike : La forza trainante dietro la serie di bootleg è stato Kelly Curtis, il nostro manager, che ne ha parlato con Jeff Ament e Eddie. Abbiamo sempre amato i bootleg come band ma avremmo visto uscire i nostri bootleg, li avremmo collezionati e sarebbero stati di bassa qualità. Perciò abbiamo deciso di farli uscire noi e farli pagare un po’ meno e con il miglior suono posibile.
Quali sono i vostri posti preferiti per i tour?
Mike : Io amo molto l’Inghilterra. Mi piace passeggiare ad Hyde Park e passare un po’ di tempo lì. Mi piace suonare a Roma, Milano; abbiamo suonato in tutta Italia ed è stato appassionante. Il Columbia River Gorge è uno dei posti preferiti in cui suoniamo qui a Seattle. Abbiamo fatto alcuni concerti con Neil Young e a seguire abbiamo fatto un disco insieme che si chiama Mirrorball e lui ci ha chiesto se volevamo andare in tour con lui in Europa. E’ stato l’avverarsi di un sogno. Abbiamo suonato un mucchio di canzoni di Neil Young insieme a lui e siamo stati a Berlino, Jerusalemme, Mar Rosso.
Jeff : L’Europa è sicuramente nel nostro radar in questo momento e stiamo ancora cercando di capire come possiamo ragionevolmente andare in tour da quelle parti nei prossimi 18 mesi. Molto dipenderà da quanto velocemente finiremo il nostro nuovo disco.
Siamo stati in Sud America una sola volta ma è stato davero fenomenale. I paesi in Europa che hanno un’atmosfera molto simile al Sud America sono la Spagna e l’Italia. Abbiamo fatto un grande tour in Canada nel 2005, incredibile. E’ bello sapere che ci sono ancora posti in cui non abbiamo suonato. Non abbiamo suonato in Alaska, non abbiamo suonato in Islanda, e dobbiamo davvero tornare in Finlandia perché nel ’93 abbiamo fatto lì uno show con Neil Young che non è stato proprio il massimo.
I Pearl Jam celebreranno il 20° Anniversario nel 2010. Vi vedete continuare indefinitamente?
Stone : Sarebbe entusiasmante se succedesse – se ci guardassimo l’uno con l’altro tra 10-20 anni e ci chiedessimo come abbiamo realizzato tutto questo. Dovremmo suonare una bisbetica Evenflow con inserti “disco”. (ride) I nostril fans diventeranno così vecchi che non riusciranno più a sentirci perciò…forse possiamo essere video trasformati per sembrare 30 anni più giovani.
Matt : Non voglio diventare come i Rolling Stones
Mike : Credo che in nessun modo avessimo pensato che la nostra band sarebbe durata 20 anni. Ne stiamo ancora parlando. E’ incredibile.
Jeff : E’ davvero folle che siamo durati 20 anni. All’inizio pensavo che potevamo fare 3 o 4 album, avere un po’ di successo e che avremmo potuto suonare con alcuni dei nostri eroi. Probabilmente il più grande benefit aggiuntivo è che abbiamo condiviso il palco con Iggy Pop, Henry Rollins, REM, Neil Young, Rolling Stones, Frank Black e la lista potrebbe continuare. E’ il sogno da bambino che si avvera, poter suonare con tutte queste incredibili band e artisti con cui siamo cresciuti e che ancora amiamo.
Qual è il segreto della vostra longevità?
Mike : I Pearl Jam sono sopravvissuti così a lungo grazie alla fortuna e perché negli anni noi 5 ci siamo confrontati l’un l’altro sulle varie questioni. Abbiamo aperto linee di comunicazione e ci sentivamo se c’era un problema. La ragione per cui siamo duranti così a lungo è che scriviamo musica, in modo molto intenso, ci allontaniamo l’uno dall’altro, facciamo le nostre cose e poi torniamo di nuovo insieme. Abbiamo i nostri spazi.
Jeff : Questo è il motivo più grande per cui siamo ancora in giro. C’è stato un momento nel ‘93 o ‘94 in cui ci siamo quasi separati per 6 mesi, non ci parlavamo, non sapevamo reciprocamente dove fosse ognuno di noi e abbiamo smesso di vivere quella vita e ci siamo ricaricati. Questo ci ha dato molta energia creativa per sfuggire agli schemi. Proprio in quell periodo ognuno di noi ha iniziato deo ad avere dei progetti paralleli, iniziando a lavorare sulla propria musica e questo è stato davvero importante e soddisfacente a livello individuale.
I Pearl Jam sono sempre stati una democrazia?
Jeff : Non so se sia mai stata una dittatura. Abbiamo avviato la band con l’idea che sarebbe stata una democrazia ma negli ultimi 15 anni ci sono state delle volte in cui Ed ha dovuto tenere le redini perché stavamo quasi precipitando. In quei momenti in cui non eravamo sicuri di cosa stavamo facendo, lui è stato fantastico nella capacità di governare la nave. Lui non ha problemi a dire ad ognuno di noi che ha bisogno d’aiuto. Ora siamo piuttosto bravi a chiamarci tra di noi e dirci cose come “come ti sembra questa cosa? Mi piacerebbe molto prendere le redini di questo progetto e lavorarci su”. Questo fa sentire ognuno come una parte genuina della band. I Pearl Jam sono una vera band.
Stone : Io sono l’uomo più fortunato del mondo perché sto in una band e scrivo canzoni in una band con 5 songwriters. Posso imparare da ognuno di loro il modo in cui cambia la struttura di una canzone e come persone diverse sentano ritmi diversi e melodie diverse e sequenze diverse. Ed riesce a collegare tutte queste cose diverse tra loro, esce fuori e comincia ad esplorare nuovi posti. Io suono con Matt Cameron, suono con Eddie Vedder, andiamo! E continuerò a strimpellare a lungo.
Qual è la vostra canzone preferita dei Pearl Jam?
Stone : Nothing Man. Non l’ho scritta io. L’ha scritta Jeff Ament, Dave Abbruzzese suona magnificamente la batteria in quel pezzo. Jeff voleva cambiare gli accordi; lui ed Ed forse ci avevano lavorato su prima. In puro stile Jeff Ament, il suo modo di suonare. Ha il suo caratteristico marchio di fabbrica ma allo stesso tempo è davvero molto semplice, Ed ci si associa così bene che chiunque ascolta avrà voglia di cantare in coro.
Matt : A me piace molto suonare Glorified G del 2° album. E’ davvero la quintessenza di una canzone dei Pearl Jam perché ha i contrappunti di chitarra che si muovono veloci a destra e sinistra e una linea di basso molto funky.
Stone : Vuole essere country e funky allo stesso tempo (ride), una cosa davvero bizzarra.
Mike : Alive o Evenflow ma soprattutto Alive perché è il nostro classico, una canzone con cui le persone si identificano con noi. E’ antemica. So che gli altri ragazzi probabilmente non lo direbbero ma è quello che penso ed è quello che le persone mi hanno detto. Alive racchiude il lirismo, la musicalità e il feeling di questa band.
Jeff : Io sono molto legato a una manciata di canzoni che abbiamo registrato per Vitalogy. Last Exit, Nothing Man e Tremor Christ sono state registrate nello studio di Daniel Lanois a New Orleans. C’è qualcosa di particolare nel suono di quelle canzoni e nel modo in cui sono venute fuori facilmente. Amo suonare Last Exit live e ogni volta che la sento, suona proprio bene, suona naturale come se avessimo catturato quello che stava venendo fuori da noi stessi.