Newsweek | 22 marzo 2009
By Jessica Bennett
Traduzione a cura di As_It_Seems
I Pearl Jam esplosero nella scena musicale di Seattle nel 1991 e da allora hanno sempre cercato di difendersi dalla celebrità. L’album di debutto del gruppo, “Ten,” ha raggiunto il numero 2 nelle classifiche ed ha venduto qualcosa come 12 milioni di copie, ma la band ha cercato di evitare la promozione e si è tirata indietro perlomeno da tutta l’auto-promozione, anche rifiutando di fare video per un certo periodo. Quasi 20 anni dopo, è chiaro che non hanno bisogno di una clamorosa pubblicità. In un sondaggio tra i lettori di USA Today del 2005, i Pearl Jam sono stati votati come la più grande rock band Americana di tutti i tempi. Si sono occupati di varie cause, dalla salute all’antitrust, perfino testimoniando davanti al Congresso in una indagine del Dipartimento di Giustizia su Ticketmaster. Attualmente al lavoro sul loro nono album in studio, i Pearl Jam stanno per ripubblicare “Ten” in quattro nuove ed ampliate edizioni che includono 6 bonus tracks. Il cantante Eddie Vedder, 44, ha parlato con NEWSWEEK di questa pubblicazione, di come bilanciare musica e attivismo, e della sua vita come padre di due figlie. Alcuni estratti:
NEWSWEEK: Come sono cambiati i Pearl Jam negli anni, da quando “Ten” venne pubblicato per la prima volta?
Eddie Vedder: Penso che siamo cresciuti in tanti modi, ma penso anche che nella musica hai la possibilità di rimanere aggrappato ad una parte di gioventù alla quale, facendo un lavoro normale, avresti dovuto rinunciare. In un certo senso, è stata una benedizione il fatto che non avessimo una famiglia a quell’epoca, perché ci siamo potuti dare completamente alla musica. Ma non ho mai pensato che avremmo dovuto guardarci indietro e rispondere a domande relative a 20 anni fa.
Quanto di tutto questo è diventato attivismo per te, e quanto riguarda ancora la musica?
Credo che sia sempre stato un equilibrio. Penso che la musica sia la più grande forma di arte che esista, e penso che le persone ascoltino musica per diverse ragioni, e con diversi scopi. In certi casi è musica di sottofondo, in altri è qualcosa che può influenzare la giornata di una persona, se non la loro vita, oppure cambiare un punto di vista. Le canzoni migliori sono quelle che ti fanno provare qualcosa. Ma è davvero un equilibrio, perché parte di tutto questo è solo, bene, voi siete una rock-and-roll band. Ma quello che succede è che scopri che una rock-and-roll band può essere una grande quantità di cose.
È cambiato il modo in cui porti avanti l’attivismo?
Un tempo [ai nostri inizi] era piuttosto una reazione automatica: avresti voluto prendere a calci una vetrata per comunicare il tuo messaggio. Adesso cerchi di far realizzare migliori business plan alle aziende in modo che possano continuare a fare profitti, ma senza distruggere terra o culture.
Avere una famiglia ha cambiato il tuo punto di vista sulla celebrità?
In realtà non ho molti punti di vista al riguardo, se devo dire la verità. [ride] Seattle è una comunità molto unita, e io non mi sento diverso, anche se faccio un lavoro diverso rispetto agli altri genitori a scuola. Come potrei rispondere diversamente?
Beh, com’è essere una rock star?
Sai, celebrità rock… E’ difficile per me discutere di questo argomento perché non lo accetto veramente. Non è così tangibile. Quello che è davvero bizzarro è come viene usato – sai, “Lui è la rock star dei politici”, “Lui è la rock star dei quarterback” – come se fosse la cosa migliore del mondo. E non è male, ma è solo diverso. Non lo capisco. Perché penso “Bè – io lo sono?” Io voglio essere l’idraulico delle rock star.
Come si fa a mantenere rilevante la propria musica?
Credo spingendo oltre i confini, non facendo le cose che hai già fatto, e sollecitandosi l’uno con l’altro all’interno della band a creare in modo nuovo.
Ti manca per niente quell’età dell’oro dei primi anni ‘90 di Seattle?
Penso che quello che ci manca è quel farsi vedere delle band ai concerti di tutti gli altri: 5 persone stavano sul palco, e poi la sera successiva le stesse persone che erano sul palco le ritrovavi nel pubblico e viceversa. Ognuno dava supporto agli altri. E, sai, c’erano anche delle feste private fottutamente grandiose. E succede ancora, solo un po’ meno.
Esiste ancora quella comunità di cui parli?
Sai, è sorprendente come alcune band siano capaci di tenerla insieme. Ma mi piace pensare che ci sia ancora un certo numero di noi che, in mancanza di una migliore definizione, sono schiavi del rock and roll. E’ dentro di noi e ne abbiamo bisogno. E penso che sia più difficile adesso perché molti di noi devono essere un po’ cresciuti. Siamo genitori e stiamo cercando il modo di fare entrambe le cose. Perché per quanto io voglia dedicare la mia vita unicamente alla musica, non vorrei per questo sacrificare l’educazione dei miei figli.
Recentemente hai avuto una seconda bambina.
Sì, ha 4 mesi ora. È nata il giorno del compleanno di Bruce Springsteen. E così, la mia prima figlia ha 4 anni, l’altra 4 mesi, io ho 44 anni, Barack Obama è il 44° presidente – tutto si sta allineando bene mi pare.
Indossi ancora molte camicie di flanella?
Non ne indosso una oggi, ma sicuramente ne indossavo una ieri.