Ciao Richard e grazie per averci concesso questa intervista. Parlaci un po’ dei Tres Mts., di come sono nati e di come si è concretizzata questa collaborazione.
Ciao e grazie per il vostro interesse nel progetto Tres Mts., è fantastico fare una chiacchierata con voi, il piacere è tutto mio. I Tres Mts. sono l’evoluzione di una lunga amicizia tra Jeff e Dug Pinnick dei King’s X. Io ho conosciuto Dug proprio tramite Jeff qualche anno fa. Qualcosa deve accadere a livello creativo quando si hanno delle lunghe amicizie. Penso che fosse solo una questione di tempo prima che noi tre ci mettessimo a suonare insieme per vedere cosa poteva succedere. In realtà è stato solo dopo il secondo disco dei Three Fish che Jeff ha espresso il desiderio di fare un disco con Dug. Presumo che avessero parlato varie volte di questa idea nel corso degli anni, ma alla fine ha preso forma con la nostra prima session in Montana nel 2002.
Mi piace pensare a Jeff come al grande alchimista che unisce le persone. Non sapevo bene cosa aspettarmi in studio, ma si è trattato di totale libertà di espressione, a dir poco! Mi era familiare la musicalità di Dug e non avevo che incommensurabile rispetto per lui e per Jeff, così ho davvero cercato di dare il massimo alla batteria. Ero pronto per la sfida, l’arrampicata e il viaggio. Mi sono sentito a casa con questi ragazzi! La cosa ha avuto un flusso davvero incredibile. C’è stato qualche elemento in comune tra queste sessions e quelle dei Three Fish, ma anche delle caratteristiche peculiari. È stata davvero una cosa diversa.
Jeff e io abbiamo parlato di come non volessimo fare un altro disco in stile Three Fish, né tantomeno un disco dei King’s X. Quindi, con questo in mente, le cose hanno preso una piega un po’ più vernacolare, in un certo senso… scavando un po’ più indietro, in qualche modo abbiamo iniziato a dissotterrare una sorta di blues strada facendo. Molto è nato anche dalle conversazioni che abbiamo avuto durante le registrazioni. Dug ci raccontava delle storie di sua madre, che una volta cantava gospel. Ci parlava di come questo lo abbia accompagnato per tutta la sua vita. Era nel suo DNA. È stato come imbatterci naturalmente in qualcosa in cui ciascuno di noi poteva trovare espressione. E con la combinazione tra rock energico, un po’ di funk e qualche dinamica con canzoni più morbide… ottieni i Tres Mts.!
È appena uscito il vostro primo disco. Presentalo ai lettori di Pearl Jam OnLine.
Penso che l’album dei Tres Mts. rappresenti una collaborazione solida e una sperimentazione con cui ognuno di noi ha avuto la possibilità di prendere qualche rischio, il che dà al disco nel suo insieme una dinamica piacevole. È interessante riflettere su come il concept si sia evoluto, dal mometo che le sessions di registrazione si sono svolte in tempi e luoghi differenti. Ci sono stati un sacco punti in sospeso dal punto di vista musicale, ma Dug ha lavorato piuttosto rapidamente con testo e voce, cosa che è abbastanza straordinaria da vedere (ho avuto il privilegio di registrare con Eddie e Jeff una versione demo di ‘Nothingman’ e mi sono meravigliato della rapidità con cui Eddie ha scritto il testo per venire incontro alla melodia della canzone!). Dug lavora in modo simile. Molti testi sembravano venirgli naturalmente e c’era un tema ricorrente che metteva in discussione la religione organizzata e la politica del tempo (erano gli sciagurati anni di Bush… un momento molto difficile per l’America). C’era una sottile linea di demarcazione tra la Chiesa e lo Stato in quegli anni (e c’è ancora, suppongo).
Non tutte le canzoni parlano di questo e ci sono sicuramente altri momenti più spensierati nel disco a livello di testi, ma c’è un sorta di tema che fa da collante. Credo che dopo aver registrato 3/4 del materiale l’impressione era di avere un panorama musicale davvero interessante. Pezzi rock piuttosto intensi, un po’ di funk, sicuramente un vibe rock blues con delle melodie morbide sono stati qualcosa attorno a cui ci siamo ritrovati.
Le sessions del disco si sono tenute nell’arco di 6/7 anni. Anche Mike McCready, il chitarrista dei Pearl Jam, ne ha preso parte. Parlaci delle sessions del disco.
La magia di Mike è arrivata intorno alla terza session del disco e ha veramente portato le cose alla luce del sole! La prima traccia, “My Baby” era un riff che Mike si era messo a provare. Noialtri siamo letteralmente schizzati fuori dalla cucina per lavorarci su! Mike ha anche portato la musica per “In the Middle”, che è a metà del disco. È un pezzo spoglio con una qualità eterea. Registrare con Mike è stato un tale spasso e la sua presenza è stato il catalizzatore che ci ha permesso di riunire tutte le idee. Mi ha persino spinto a mettermi al pianoforte in un paio di canzoni!
Ci sono possibilità che i Tres Mts. vadano in tour?
A marzo è in programma un breve tour negli Stati Uniti. Alcuni momenti salienti saranno le esibizioni al South By Southwest ad Austin (Texas) e un’apparizione TV al Jimmy Fallon show. Quindi un po’ di barbeque texano e di televisione nottura dovrebbero strappare qualche sorriso! Sicuramente sarebbe fantastico venire in Europa in qualche festival, ma credo che per ora suoneremo solo in alcune città negli USA.
C’è qualche band da cui vi siete fatti ispirare durante la realizzazione di questo disco?
Durante le registrazioni non c’è stata una band particolare che mi ha ispirato, però Mike un giorno è arrivato con un disco raro di Alice Cooper. Ci siamo fatti delle belle risate, questo è sicuro. Che ci crediate o no, ascoltavo i Funkadelic e i Sigur Ros durante le sessions precedenti (2004). Non potresti ottenere un parametro più ampio con questi due gruppi. Penso che ci siamo ispirati in qualche modo anche ai Mogwai, a un certo punto. E mi ricordo di aver ascoltato ‘Abbey Road’ dei Beatles in cuffia, a tarda notte.
Hai suonato in tanti gruppi insieme a Jeff Ament, dai Luv Co ai Three Fish fino ad arrivare a Tres Mts. Parlaci un po’ della vostra amicizia.
Nel 1999, sul retro del tour bus dei Three Fish, Jeff mi ha dato una copia di “Moon: The Life and Death of a Rock Legend”, un’incredibile biografia di Keith Moon. Sulla prima pagina bianca Jeff ha scritto: “Al mio batterista preferito, un libro sul più cazzuto batterista di sempre… come fare e come non fare”. È stato chiaramente il più bel complimento che io abbia mai ricevuto da un amico e collega… (l’altra metà delle sezione ritmica). È stato bellissimo.
La nostra amicizia risale al ventre di Seattle. Nel 1983-1984 suonavo nei Fastbacks e facevamo le prove nello scantinato di una galleria d’arte nella parte storica della città. Anche i Green River provavano lì, in una sala di fianco ai Fastbacks. Ricordo che strimpellavamo pop punk e quando mi fermavo per lavorare agli arrangiamenti potevo sentire i Green River. Abbiamo suonato alcuni show insieme in un club punk che si chiamava The Metropolis e questo è stato il mio primo incontro con Jeff. Col passare degli anni, mi sono ritrovato nel mondo dell’hard rock. È stato un passaggio abbastanza strano, ma comunque mi ha portato ad avere delle esperienze su cui posso certamente farmi qualche risata, in prospettiva. Quando suonavo la batteria nei War Babies, stavamo per firmare un contratto discografico e ci serviva un nuovo bassista. Jeff si unì a noi per un po’, era il periodo in cui i Mother Love Bone furono colpiti dalla tragedia della morte di Andy. Era un momento intenso a Seattle, il primo grunge aveva iniziato a rivoluzionare davvero le cose con la fusione di hard rock/metal e punk. Questo è sttao il periodo dei Luv Co e successivamente delle prima formazione dei Pearl Jam. A quel tempo io e Jeff vivevamo a due isolati di distanza, quindi ci trovavamo abbastanza spesso ad ascoltare musica. Lui aveva gusti musicali più eclettici, cosa che si traduce nel musicista dinamico che è diventato. Il resto è storia a questo punto della storia, ma la cosa più bella è che abbiamo mantenuto vivi la nostra amicizia e il rispetto reciproco a livello musicale, anche dopo che i Pearl Jam hanno raggiunto un tale enorme livello di successo. Anche se il suo mondo era esploso, mentre accadeva lui è rimasto con i piedi per terra, per quanto possa sembrare un cliché. Ricevere una sua chiamata per lavorare ad alcune idee che voleva registrare intorno al ’93-’94, dieci anni dopo il nostro primo incontro, è stato un incredibile attestato di carattere, lealtà e semplicemente la dimostrazione di una sensibilità umile che ho veramente rispettato e ancora oggi rispetto.
L’esperienza coi Three Fish testimonia in modo incredibile come lui sia riuscito a forzare certi confini e ad aprirsi davvero, prendendo qualche rischio. È stato una fonte d’ispirazione ed è stato in grado di ottenere il massimo da Robbi e da me come musicisti, in studio, in tour e in tutti i nostri viaggi. Lui ha questa tendenza alla condivisione non solo nell’approccio al suo strumento, ma nel far sì che i musicisti e gli amici con cui sta lavorando non abbiano paura di provare qualcosa di completamente diverso. Questo comporta una connessione incredibile e quasi sacra, un cosa rarissima tra musicisti. Ottenere il meglio delle persone è qualcosa che a Jeff viene naturalmente. Mi sento molto fortunato per le esperienze che ho avuto l’opportunità di fare. Lui è un grande amico… e per usare lo spirito di una delle sue citazioni, lui è “il mio bassista preferito”! E ora, l’ultimo capitolo, i Tres Mts.! … con una bella vista!
Uno dei side projects più amati dai fans dei Pearl Jam sono proprio i Three Fish. Avete inciso due splendidi dischi, “Three Fish” (Epic, 1996) e “The Quiet Table” (Epic, 1999). Ci sono possibilità che la band si riformi per un nuovo disco e, perché no, per un tour?
Grazie per i complimenti per i dischi dei Three Fish. Sono molto orgoglioso di questi album, è stata un’esperienza incredibile a dir poco! In tutta onestà, credo che la possibilità di ulteriori dischi dei Three Fish e di un tour siano estremamente piccole, tuttavia non si sa mai con lo spazio e il tempo. Penso che quei dischi abbiano davvero demarcato un momento temporale ben preciso ed è stato un esperimento da parte di Jeff così come è stata un’avventura per tutti noi. I musicisti come gli artisti sperimentano con idee che possono evolversi in un modo o nell’altro. Come se ci fosse qualcos’altro da dire, qualche altro colore da aggiungere alla tavolozza, per così dire. Non per mettere i Three Fish nel cassetto, ma il progetto aveva i suoi limiti, sia che si trattasse di un lago, del mare o dell’oceano infinito. Penso che il progetto fosse giunto a delle divergenze e fosse arrivato il momento di fare arte nuova. Ma è bello guardarsi alle spalle e apprezzare alcuni grandi momenti e penso che quei dischi abbiano rappresentato bene quei momenti.
Hai collaborato al primo disco solista di Jeff Ament uscito tre anni fa, “Tone”. Che ricordi conservi di quell’esperienza? Hai preso parte, o prenderai parte, alle registrazioni del suo secondo disco solista?
Wow, sono già passati tre anni dal disco solista di Jeff? Ho un bambino di quattro anni e mezzo di nome Xander a cui ho fatto ascoltare un brano finito del disco solista di Jeff fresco di incisione. Ricordo che si è messo in posa da chitarrista e saltava durante l’ascolto! Avresti visto un papà sorridente!
Sono davvero felice che Jeff abbia fatto quel disco e lo abbia pubblicato. Penso che sia stato un processo lungo, ma era qualcosa verso cui lui si stava evolvendo ed è stata una vera e propria dichiarazione di coraggio. Ho sempre avuto un profondo rispetto per le sue canzoni, incluse le canzoni che ha scritto per i PJ, i Three Fish e il suo materiale solista. Con il materiale solista c’era un senso di vulnerabilità che è stato come pugno potente. Mi è piaciuta anche la direzione che ha intrapreso con i pezzi pù rock! Mi ha dato un sacco di libertà (come fa sempre) per quanto riguarda le parti di batteria. È bello vedere l’altra metà della sezione ritmica uscire dagli schemi, sperimentare con più strumenti e naturalmente cimentarsi alla voce. Le ultime canzoni su cui Jeff ha lavorato con la mia collaborazione sono veramente forti ed è stato grandioso farne parte! Sarà interessante vedere cosa farà.
Proprio quest’anno i Pearl Jam festeggiano vent’anni. Da un veterano della scena come te – ricordiamo che hai suonato, tra gli altri, nei Fastbacks (vera e propria gloria di Seattle) e nei War Babies (altra band di culto della città) – come è recepito questo traguardo di una delle band più famose uscite da Seattle?
20 anni! Ora sì che mi sento vecchio!
Sono davvero orgoglioso dei Pearl Jam per tanti motivi che vanno oltre questo traguardo, ma non si può negare un ventennale! Hanno superato tante avversità, sfide e tribolazioni durante tutto il loro periodo di successo. E restare insieme per tutti i giusti motivi… è una gran cosa, e quel sentimento filtra attraverso la loro musica, attraverso le loro canzoni. Osservandoli dal vivo, sono come il buon vino (perdonatemi il cliché)… migliorano col tempo. Ho visto alcuni dei loro primi spettacoli e alcuni dei più recenti, è semplicemente grandioso stare vicino ed essere amico di questi ragazzi. È interessante per me che ormai vivo lontano da Seattle da un bel po’, il che mi pone da un punto di vista più distaccato. C’è qualcosa che brillerà sempre per me e che rappresenta la mia città natale. È la storia della scena musicale che mi riscalda ogni volta. Esserne stato una piccola parte attraverso alcune delle band in cui ho suonato porta con sè un bel po’ di nostalgia sui cui posso riflettere e che mi fa sentire bene.
Ti auguriamo buona fortuna con i Tres Mts., sperando, prima o poi, di vedere un vostro show dalle nostre parti. Grazie di tutto e a presto!
Grazie per l’incoraggiamento! Non vedo l’ora che esca l’album dei Tres Mts., sarà grandioso poter suonare queste canzoni dal vivo! Niente mi piacerebbe di più che poter suonare in Italia! Una volta sono stato in tour con una band di New York ed è stato annullato appena prima delle date italiane! Avevo il cuore a pezzi! Spero di tornare un giorno. Grazie! Peace, love and understanding!
TRES MTS “Three Mountains” (2011)
1. My Baby
2. Oh Lord!
3. God Told Me
4. Makes Me Feel (listen)
5. Holes in the Road
6. In the Middle
7. Life
8. Afrosheena
9. She’s My New Song
10. Utah
11. Break
12. Mystery
13. She’s My New Song (Reprise)
© 2011 www.pearljamonline.it & Richard Stuverud