Brad Balsley è il batterista dei C Average, un gruppo hard rock di Olympia formatosi nel 1996. Dopo aver debuttato nel 1998 con il loro disco omonimo pubblicato dalla Kill Rock Stars, la band ha guadagnato la sua massima notorietà per aver accompagnato Eddie Vedder dei Pearl Jam durante i suoi concerti solisti nel 1999 e nel 2002. Brad è anche il batterista dei Power Castle.
Ciao Brad e benvenuto su PearlJamOnline.it. Sono un grande fan dei C Average e di quello che avete fatto. Unire la potenza dei Black Sabbath con l’irruenza del punk, con testi sci-fi davvero fighi. Cosa ricordi in special modo dei primi anni dei C Average a Olympia?
Abbiamo iniziato come trio, con Joe Preston al basso. Provavamo nel seminterrato in una casa di amici a East Bay Drive, a Olympia. Ricordo che i Seattle Supersonics erano in finale e che li guardavamo in TV mentre scrivevamo messaggi alla Kills Rock Stars per cercare di pubblicare il nostro primo singolo. Poi ci siamo trasferiti in una specie di magazzino per scrivere il nostro primo album, ispirandoci ad alcune band che stavano diventando piuttosto brave come Karp e Fitz, di Olympia.
Giravano il paese due volte all’anno e ogni volta che tornavano a casa, andavamo tutti a vederli. Dopo mesi di tour erano al massimo della forma, ed era incredibile. Proprio in quel momento sia la Kill Rock Stars che il femminismo punk rock stavano andando piuttosto forte. Abbiamo registrato il nostro primo album ai Moon Studios di Kaiser Rd con Scott Swayze. Il proprietario di quegli studi in quel momento era Seasick Steve, che poi è diventato un bluesman piuttosto famoso.
L’anno dopo il vostro debutto, dopo un warm up per pochi, tu e Jon siete stati la backing band dal vivo di Eddie. Com’è nata queste esperienza? Ricordo che al Tibetan Freedom Concert, Eddie vi invitò sul palco come se nulla fosse stato pensato prima…
Tutto è iniziato grazie agli ICU (un gruppo ancora in giro) che ci chiesero di aprire per loro. In quel tour abbiamo suonato diversi giorni con gli Hovercraft, la band di Beth Liebling. Ci siamo trovati in sintonia con Beth fino dal primo istante, passando le notti a parlare fino alla mattina. Il tour era diretto a New York, dove Eddie la stava aspettando. Quando siamo arrivati, siamo saliti nella camera d’albergo di Ed, per incontrarlo. Jon, il mio bandmate, è un grande fan degli Who, così, grazie a questa passione comune, lui e Eddie si sono legati sin da subito.
Poi siamo andati a Philly a vedere i Question Mark and The Mysterians a suonare dal vivo al Cold Locker o in un locale simile e le nostre strade si sono separate. Poco dopo, ci siamo ritrovati a casa sua, a West Seattle. La cosa successa al Tibetan Freedom Concert è stata provata prima del concerto anche se Better Man l’avevamo suonata una sola volta insieme. Tutte le altre canzoni suonate quel giorno, le avevamo invece già provate nel seminterrato di Eddie Vedder, simile ma leggermente diverso a quello si vede in questo video.
I concerti che avete suonato con Vedder nel 1999 erano pieni di cover di gruppi come i Mono Men, Talking Heads, Police… Avete deciso insieme le setlist?
Le canzoni che abbiamo suonato al Tibetan Freedom Concert nel 1999 sono state tutte scelte da Ed. Era lui al comando. Ci stava dando un’idea di cos’era la vita. Era un buon amico e un ragazzo molto generoso. Era pure amico di Johnny Ramone, un vero repubblicano, anche se non era d’accordo con lui su molte, moltissime cose. Sai, Eddie ha una mentalità molto aperta.
Tra i vari concerti che avete suonato, quello doppio del 26 giugno 1999 a La Paloma Theatre di Encinitas è probabilmente quello più figo. Che ricordi hai di quel concerto?
Encinitas! Questo si riallaccia a quello che stavo dicendo prima, ovvero su quanto Eddie fosse un bravo ragazzo. Questi concerti erano qualcosa che ha fatto come regalo alla città, Ed amava molto Encinitas. Deve aver trascorso i suoi anni formativi lì, facendo surf, quindi aveva quel tipo di amore quasi adolescenziale per quel posto. È stato fantastico essere lì a suonare quelle canzoni. Abbiamo suonato Last Kiss, ed è stato incredibile perché a quel tempo era piuttosto famosa. Così come tutte le altre canzoni di cui avevo imparato ad amare la loro semplicità.
Non ricordo il prezzo dei biglietti, che comunque penso fosse davvero basso, ma l’idea era che tutti i suoi amici, la sua famiglia e le persone che conosceva dalla città ricevessero una bella sorpresa, un’esibizione speciale che avrebbe potuto fare schifo o che sarebbe potuta essere grandiosa. Era disposto a entrambi i risultati, ma voleva solo fare qualcosa di carino per loro e anche per quel teatro. In un universo alternativo, sarebbe come se io fossi a capo di una grande rock band di successo e decidessi di suonare al Capitol Theatre di Olympia.
Ad un certo punto siamo anche volati a Chicago e abbiamo suonato in un piccolo bar per gli altri suoi amici e la sua famiglia di Chicago. Wrigleyville Tap, proprio di fronte al Wrigley Park, la casa dei Cubs. Stranamente Liz di Olympia ha aiutato a consegnare tutta l’attrezzatura che avevamo preso a noleggio. Questo concerto è stato probabilmente il mio preferito perché è stato il più simile a quelli a cui ero abituato a suonare, sistemato sul pavimento davanti a una finestra che si affaccia sul marciapiede, con la gente che passa e si chiede: “E’ davvero Eddie Vedder che sta suonando in quel posto di merda?“.
Il 14 luglio 1999 a Olympia avete invece suonato un concerto tributo agli Who. Com’è nato questo tributo?
Il 14 luglio (sono sicuro della data, il 14 luglio è il compleanno di mia figlia) è stata una rivincita di Ed per aver perso quel tributo la prima volta che l’abbiamo organizzato. Disse che avrebbe voluto farlo, così avevamo tutto pronto al Capitol Theatre ma lui non si presentò. Quindi chiedemmo ad un nostro amico di cantare e andò comunque tutto piuttosto bene. Era comunque circolato il rumor, alcuni fan si presentarono pensando di vedere Eddie Vedder mentre si trovarono Steve, il nostro amico.
Quindi quello spettacolo fu in un certo senso “Eddie che manteneva la sua parola“. Ha funzionato benissimo perché è stato davvero punk rock, fantastico. C’è una registrazione in giro, mi spiace solo che si sia svolto tutto così velocemente.
Di recente ho scoperto un video di un altro tributo agli Who (in onore a John Entwistle), suonato al Chop Suey di Seattle, con Ed Vedder e Kurt Bloch.
Quello è un gran concerto, ma non ho mai visto il video. Nel 1999 (oppure nel 2002) tu e Jon siete andati in studio con Eddie per registrare qualcosa? Se sì, cosa avete registrato?
Abbiamo registrato le canzoni che abbiamo suonato in quei concerti. Registrazioni demo, incise direttamente a casa di Ed.
Nel 2001 è uscito il vostro secondo, splendido, disco. Tra i crediti c’è un certo Wes. Uno degli pseudonimi di Eddie, spesso usato nei primi anni duemila, è Wes C. Addle. Non è che quel “Wes” in Second Rekoning sia proprio Eddie?
No, non è un riferimento a Ed. Wes era il ragazzo che l’ha registrato.
Nel gennaio del 2002, vi siete riuniti nuovamente con Eddie per suonare al compleanno di Rob Glaser. Com’è andato quel concerto?
Ricordo, il compleanno del ragazzo di Real Player. Prova a pensare ad una festa di compleanno che avresti organizzato se i soldi non fossero mai stati un problema. Ecco, era proprio quella festa. All’inizio c’era questa incredibile pista da bowling, c’erano sushi e bevande e probabilmente tutto ciò che avresti desiderato, non lo ricordo così bene. Poi hanno allestito il palco sopra le piste da bowling, un set up strano ma ha che comunque funzionato.
Ricordo solo di essere stato trascinato là dentro, proprio in quel bizzarro agglomerato di follia luminosa al neon. Ricordo poi che il concerto è iniziato con Ed che suonava tre canzoni acustiche, poi siamo arrivati sul palco e abbiamo suonato il nostro set. E poi credo che ce ne siamo andati da lì. Non ho idea di dove fosse, da qualche parte a Seattle. Tu lo sai?
Sì, era lo Spin Alley Bowling Center a Shoreline, un bel posto. Qual è il ricordo più bello che conservi della collaborazione con Eddie Vedder?
Ed ci portò, insieme ad altre persone, a Maui per il Capodanno del 2000. Pensava, e io ero d’accordo, che se il mondo si fosse sgretolato, le Hawaii sarebbero state il posto migliore dove rimanere bloccati. A quel tempo possedeva una casa a Molokai, ma affittò questa grande villa a Maui. Una villa piena di suoi amici e degli amici di Beth. Ce la siamo spassati e abbiamo fatto tante cose, come fare karaoke con Eddie. Fare karaoke con un cantante di professione è davvero divertente.
Ricordo che dopo il karaoke, Eddie girò un home video, poi andò a nuotare. Poi giocammo con alcune persone del posto una gran bella partita a basket. Ci raggiunsero anche alcuni surfisti molto famosi.
Ricordo che Eddie ha celebrato alla grande il suo quarantesimo compleanno. Tu eri presente. Cosa ricordi di quella serata?
Un affare enorme in un piccolo posticino a West Seattle. Tanti volti famosi. Non ricordo esattamente. Susan Sarandon, Tim Robbins, forse uno o due membri dei Soundgarden, forse c’era pure Mike McCready.
Non ricordo molto, l’ho bloccato inconsciamente, se tu fossi stato lì, non me lo ricorderei.
È un momento piuttosto imbarazzante per me. Ed voleva suonare con i C Average e noi volevamo farlo. C’era anche il nostro amico Tim. Abbiamo scazzato parecchie cose durante il concerto, proprio davanti a Nancy Wilson e al regista Cameron Crowe. Penso che ci fosse anche Sean Penn. E’ stato bizzarro, è stato folle. Ho dovuto intrattenere una stanza piena di attori, musicisti, ecc… con un patrimonio netto più alto di parecchie nazioni messe insieme.
Ora Eddie ha una nuova live band, formata insieme an Andrew Watt, Josh Klinghoffer, Glen Hansard, Chris Chaney e Chad Smith. Li hai visti dal vivo?
No, non li ho visti dal vivo e nemmeno in video. Lo farò. Sono ancora interessato alla maggior parte delle cose che fa Eddie Vedder. Ho perso i contatti con lui tempo fa. Penso che abbia bisogno di cambiare continuamente numero di telefono perché ce l’hanno quelli come me (ride – n.d.r.). Mi ha chiamato e abbiamo fatto delle belle chiacchierate. Ho aspettato un po’ e ho cercato di lasciargli un messaggio vocale.
Mi piacerebbe molto vedervi suonare di nuovo dal vivo insieme.
Suonerei molto volentieri con Eddie in qualsiasi momento e mi assicurerei di non far volare via il tempo passato insieme.
Nel 2018, avete pubblicato il vostro terzo album. Siete ancora attivi come C Average? State forse lavorando al vostro quarto album in studio?
Purtroppo il bassista dei C Average John Boyce (bassista, cantante, una persona molto amata, un tipo meraviglioso) è morto improvvisamente lo scorso anno e da un po’ stiamo cercando di capire quale direzione prendere. Nel 2023 raddrizzeremo la nostra nave e forse prenderemo il largo. Forse come omaggio proprio a Boyce, non lo so ancora. Forse porteremo con noi le sue tracce di basso e le suoneremo.
Mi spiace molto per questa perdita. Negli ultimi due anni hai inciso due album con i Power Castle. Raccontaci qualcosa di questo tuo nuovo gruppo.
Sette anni fa, Tim Deidrich mi ha contattato per aiutarlo a registrare le canzoni della sua band. In realtà ci siamo incontrati un paio di volte a settimana al Pear Street, che è la casa in cui visse Kurt Cobain e dove Kathleen Hanna, con l’eyeliner, scrisse su di un muro “Kurt smells like teen spirit“.
Poi Tim si è arruolato in marina e da quel momento e per i successivi 5 anni, i vari componenti del gruppo sono andati in studio ad aggiungere sempre qualcosa in più a quelle canzoni. Poi Tim tornò a casa e ci trovammo a scrivere un nuovo album, finendo allo stesso tempo il precedente che non era mai stato completato. Così li abbiamo pubblicati contemporaneamente, anche se capisco possa sembrare strano perché non è una cosa che viene fatta spesso, ma questa è la storia dei Power Castel. Se ti piace l’heavy metal degli anni ’80, dovresti provare ad ascoltare questi due dischi.
Lo farò senz’altro. Grazie per aver trovato il tempo per fare questa intervista, è stato bello parlare con te.
Luca, non è finita qui. Ho altre storie su Eddie. Lui ed io siamo diventati buoni amici ed è triste pensare che non gli parlo più. So che è impegnato e ha un sacco di amici. Forse un giorno chiamerà per andare a fare qualcosa di strabiliante.
Gli piace sorprendere e stupire le persone uscendo con loro o dando loro qualche opportunità che non avrebbero avuto in modo diverso. Sono sicuro che continua anche oggi a trovare nuove persone che riesce a far diventare note, anche se solo per 15 minuti.
Small my table, sits just three.
Nasce nel 1980 a Reggio Emilia. Crea pearljamonline.it nel 2001 e scrive la prima edizione di Pearl Jam Evolution nel 2009 insieme alla moglie Daria. Collabora con barracudastyle.com e hvsr.net, ha collaborato con Rockol, Rolling Stone e Il Fatto Quotidiano. Nel 2022 lancia due podcast: Pearl Jam dalla A alla Z e Fuori Orario Not Another Podcast. Continua imperterrito a tentare di trovare “belle melodie che dicono cose terribili”.