I SOPRAVVISSUTI DEL GRUNGE
Seguire i propri principi porta i Pearl Jam in vetta
di Keith Spera | 4 Aprile 2003
Traduzione a cura di boo
Nell’inevitabile critica che ha portato i Pearl Jam contro i Nirvana, i Nirvana hanno sempre trionfato. Entrambe le band uscirono con un debutto con un major nel 1991. Entrambe si avvalevano di musicisti che avevano gironzolato per la scena del Nord Ovest per anni. Nessuna delle due però poteva immaginare che le camice di flanella e gli anfibi sarebbero diventati necessari per moda.
Ma Kurt Cobain e compagnia erano percepiti spesso come i più credibili, i più autentici, i più punk tra i due gruppi. I Pearl jam, almeno in qualche ambiente critico, vennero scaricati e considerati pieni di atteggiamenti alla “vorrei ma non posso” essere grunge. Poi Cobain si uccise. Corporazioni multinazionali ingurgitarono le major. Le radio commerciali si consolidarono e si omogeneizzarono. Teen pop, hip hop e rap-metal emersero come forze dominanti nella musica pop.
E ora, dopo 12 anni, i Pearl Jam rimangono i maggiori sopravvissuti dell’era del grunge. Armati di un insieme distinguibile di principi e una compiacenza a rimanere immuni alle conseguenze del commercio, la credibilità della band è ad un livello mai visto.
Il chitarrista del gruppo, Stone Gossard, ha una teoria sulla riabilitazione passiva dell’immagine della band. “Se sei in giro da abbastanza tempo,” ha detto in una recente intervista telefonica, “c’è sempre qualcuno di nuovo che è più irritante.”
”Abbiamo preso una batosta e, per quanto doloroso potesse essere, ci ha messi decisamente alla prova, a livelli tali da dire ‘ Ok, questo è come certa gente ci considera. Ma qual è la realtà?’ Ha preso la nostra attenzione e ci ha fatto pensare e discutere su tutto quello che facevamo, chiedendoci ‘qual è la linea di fondo?’ ed è sempre stata fare ottimi album.” Cosa che i Pearl Jam hanno sicuramente fatto. Il debutto ‘TEN’ è ancora un bestseller con i suoi 11 milioni e passa di copie. Ma il secondo album ‘VS’ è discutibilmente il più forte e consistente. I seguenti album hanno visto momenti di gloria, ma non come gli altri; ‘NO CODE’ in particolare è stato a malapena notato tra la musica memorabile.
Nell’ultimo ‘RIOT ACT’ i Pearl Jam sembrano tornare con facilità in se stessi e nei loro suoni. “Ci sono stati momenti in cui eravamo, se non stagnanti, a vuoto della nostra energia creativa collaborativa.” ha detto Gossard. “Il periodo che stiamo attraversando ora sembra ri-inspirato, possiamo tornare indietro a fare quello che ci veniva naturale. Stiamo continuando a essere sempre meno consapevoli del processo creativo”
E continuano a trovare nuovi modi di controllare i loro destini. I Pearl Jam hanno fatto la storia con l’uscita dei bootleg dei 72 concerti del tour 2000. Molti di questi sono stati in classifica su Billboard. Hanno delineato il processo (con cui verranno distribuiti i boot) del tour che è in corso, che arriverà a New Orleans martedì. I bootleg non verranno venduti nei negozi ma sul sito della band. Per 15 dollari più 3 di spese di spedizione, chi ne compra uno riceverà un link da cui scaricare gli mp3 dei concerti il giorno dopo; un doppio cd interamente masterizzato arriverà una settimana dopo.
”Penso sia una bella cosa.” ha detto Gossard. “Se i fan vengono a sapere che un concerto è fico, lo possono avere e non per i 40 o 50 dollari che pagavano per bootleg (non autorizzati). Ci sentiamo molto più a nostro agio a vendere i nostri bootlegs o le magliette online e fare i concerti e poi connetterci con i fan uno ad uno senza la mediazione di una grande etichetta”.
“RIOT ACT” – il settimo album dei Pearl Jam – ha completato il contratto con la Epic. I musicisti e la loro amministrazione stanno ora pesando nuove opzioni. L’apporto di una major servirebbe ancora per vendere oltreoceano ma la band vuole e riesce più che mai a gestirsi i suoi affari da sola. ”Più cose facciamo da soli, più sembra che ci stiamo gestendo i nostri affair da soli”, ha detto Gossard. “Penso che faremo un contatto ibrido. Sono certo che siamo stati una sofferenza per la Epic. Ma abbiamo anche creato una situazione in cui erano in grado di fare contratti con a altre band e ora la nostra idea dei bootleg è copiata come un altro metodo per fare soldi, quindi hanno avuto dei benefici da noi e non solo perché abbiamo venduto 40 milioni di copie.”
Che i Pearl Jam siano sopravvissuti sia nel commercio sia artisticamente è provato dalla stretta relazione con i fan e dalla forza dei principi su cui la band si è formata. “Sosteniamo ancora le teorie di fondo con cui abbiamo passato tutto questo, anche se qualche volta siamo inciampati o abbiamo avuto difficoltà,” ha detto Gossard. “Avere un gruppo con reali principi di uguaglianza e democrazia, una mentalità di squadra. Cose che abbiamo imparato da bands come i FUGAZI, pensare a tutto l’insieme. Gli artwork per gli album, il design delle t-shirt, quanto costano i tuoi biglietti—usare il processo creativo in tutto l’insieme opposto al registrare un album e poi lasciar fare tutto il resto ad altre persone. Provi a mantenere una linea uniforme.”
Il gruppo tagliò drasticamente con i media a metà anni 90. Prima il video “Jeremy”, vincitore di un premio, era onnipresente su MTV. I membri rilasciavano interviste alle radio. Il cantante Vedder comparì sulla copertina del Time. Rischiando di crollare sotto il peso della loro carriera avviata, smisero di fare video, di andare nelle radio, di parlare con i media. Vedder si rifiutò di essere intervistato per la storia di copertina del Rolling Stone che finì per definirlo un falso indie-rocker.
”Abbiamo fatto incazzare un casino di gente,” ha detto Gossard.” Dicevano che sputavamo nel piatto in cui mangiavamo. Ma io penso che sia stata semplicemente una nostra scelta per riuscire a sopravvivere come gruppo. Era la cosa giusta da fare visto che funzioniamo ancora.”
Ora il gruppo usa i media in maniera più giudiziosa visto che i biglietti vanno venduti. Il concerto di martedì è stato spostato dalla New Orleans Arena alla più piccola UNO Lakefront Arena. “Se vendiamo i biglietti per un tour subito non ci sentiamo obbligati a parlarne in giro. Ma nel Sud non ne avevamo venduti molti così abbiamo fatto un po’ di telefonate, giusto per assicurarci che sapessero che stavamo per arrivare. Devi trovare quell’equilibrio.”
Gossard e i suoi compagni del gruppo sembravo aver trovato li loro livello di benessere. ”Essere a metà o alla fine dei tuoi trent’anni ti dà modo di guardare indietro e capire quanto sei fortunato, “ha detto. ”Questo aiuta noi tutti a lavorare e a fare musica insieme. Godiamo della nostra compagnia, probabilmente molto più di quanto facevamo quando avevamo 20 anni ed eravamo stressatissimi. È un momento divertente per la band quello di adesso.”
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Interview with Pearl Jam Guitarist STONE GOSSARD
Di Martin Blandford
News4U.me | 4 Aprile 2003
Traduzione a cura di Angpo
Il gruppo rock definitivo sta facendo un tour negli USA in supporto a Riot Act. La band sta toccando tutte le città maggiori che sono indicate più in basso, così potrete scegliere a quale concerto andare. Ho avuto la possibilità di parlare con uno dei membri fondatori dei Pearl Jam, il chitarrista Stone Gossard (che non è tanto lead). Potevo a malapena contenermi in quanto questo gruppo è di gran lunga il mio preferito.
N4U: vedo che vendete i bootleg per tutti i vostri concerti di questo tour. E’ veramente figo. Nessun altro fa questo per i propri fan.
Gossard: Sì, non so. Ora è così poco costoso registrare i concerti e con la tecnologia digitale abbiamo la possibilità di mixarli nel momento in cui vengono registrati e quindi di trasmetterli su una linea dsl appena il concerto è finito. Tutte le informazioni vanno a Seattle, dove la notte stessa viene fatto il master e quindi questo viene spedito via computer all’impianto di produzione e abbiamo il prodotto finito il giorno seguente. E’ bello quando tutto questo funziona. E’ davvero un modo economico per permettere alla gente di ascoltare un concerto dopo che l’hanno visto, se gli è piaciuto. Se quella serata è stata speciale, o se qualcuno non ha avuto la possibilità di andarci, ha comunque la possibilità di sentirlo. Certamente non è per tutti; è per quelli a cui piace davvero il nostro gruppo dal vivo. Aiuta il fatto che cambiamo scaletta tutte le sere e che abbiamo un catalogo piuttosto ampio, anche se non enorme, da cui scegliere. Non penso che gli arrangiamenti cambino così tanto, ma credo comunque che sia bello per la gente poter scegliere quale concerto prendere.
N4U: Rigurdo agli album, Riot Act è l’ultimo, ma è una volta ancora un grande disco. Continuate a farlo, album dopo album continuate costantemente a fare grandi dischi. Sembra che abbiate davvero un talento per farlo.
S: Penso che ci siano alcune canzoni davvero belle su Riot Act. In genere me ne accorgo quando abbiamo finito di fare un disco. E’ difficile rendersi conto di quello che è buono di un disco quando ci sei dentro. Puoi apprezzare certe cose che ti stanno a cuore e che ti piacciono, ma capire perché alla gente piace un disco e non ne piace un altro, o perché pensi che un disco sia meglio di un altro e come la gente entri in rapporto con un certo disco è difficile e confuso. E’ bello sapere e sentire che la gente pensa che noi stiamo facendo dei buoni dischi. Continuo a pensare che in questo abbiamo fatto alune delle nostre cose migliori, anche se è un po’ un cliché dirlo. Ma è vero nel senso che tutti nel gruppo compongono e più stiamo insieme maggiore è la nostra capacità di fare dischi migliori. Spero che questo si manifesti da solo, così potrò dire che abbiamo fatto dei dischi brillanti invece che sbagliati.
N4U: Sono stato a molti dei vostri concerti e devo ancora vederne uno dove tutti stanno seduti.
S: Penso che ci sia una certa eccitazione tra i nostri fan che impedisce al pubblico di stare seduto per molto tempo. Possiamo avere dei concerti difficili, o averne uno dove la gente non risponde, ma in genere siamo davvero fortunati ad avere dei fan che si eccitano a sentirci suonare dal vivo. Siamo davvero fortunati a questo riguardo. In questi anni siamo stati in grado di scrivere alcune buone canzoni che fanno davvero esaltare la gente. Non so perché, ma è interessante.
N4U: Ecco una domanda stupida. Molti gruppi rock famosi sono sempre sulle riviste e suelle tramissioni sulle celebrità, ma quasi non ricordo di averci visto uno di voi. Non ricordo di aver visto le vostre case su “Cribs” di MTV. Nei vostri video non mostrate mai la vostra ricchezza. In pratica dov’è ìl bling dei Pearl Jam?
S: (ride) Ah la domanda che tutti si fanno.
N4U: E’ che nessuno di voi sembra cadere nel tipo di vita delle rock star…
S: Penso che ognuno di noi sia stato coinvolto in ambienti simili a quelli di cui tu parli. La gente potrebbe non aver visto le foto, ma puoi essere una… bè, celebrità, per mancanza di una parola migliore, per il fatto che vai alle feste dei VIP o che ti viene presentato qualcuno famoso, e puoi farlo; e di tanto in tanto succede, e sono sicuro che tutti nel gruppo abbiamo beneficiato di questo tipo di occasioni, quando qualcuno vuole incontrare il gruppo e così ci hanno fatto un favore tipo permetterci di andare sulla loro barca o cose del genere. Ognuno di noi ha sperimentato qualcosa del genere, ma alla fine tutti siamo giunti alla conclusione che non è mai così bello come tu vorresti che fosse. Stando al di fuori dei pettegolezzi, è divertente leggere le riviste americane e scoprire le star e vedere quello che faranno, ha un certo valore di divertimento. Visto da dentro, l’esperienza mi ha sempre dimostrato che ogni volta che cerchi quel tipo ti celebrità non è mai quello che pensi potrebbe essere in termini di soddisfazione. Per la maggior parte è un evento vuoto, falso. Penso dipenda dal fatto che noi siamo stati lontani dai riflettori per un bel po’, per quanto riguarda la nostra consapevolezza circa quello che volevamo fare, e che questo ci è piaciuto. Ora siamo arrivati al punto in cui penso che a nessuno freghi nulla. Così non ha alcuna importanza.
N4U: Tu e gli altri membri del gruppo in passato avete collaborato con altri artisti e musicisti. C’è una persona con cui avete suonato che ha avuto più importanza?
S: Sicuramente Neil Young. Aver fatto un disco ed un tour con lui, e non essendo stato un suo fan da ragazzino, anche se tutti gli altri del gruppo lo erano, ma avendo imparato a conoscere la sua musica negli ultimi dieci anni, mi ha davvero aperto gli occhi. Mi piace molto la sua musica e il suo approccio alla musica. Nella sua giovinezza, il suo modo di suonare conteneva così tante lezioni, una specie di dono fanciullesco con cui lui affronta anche il problema più semplice e che sembra legare in una grande quantità di energia emotiva. Illumina la musica ed è semplicemente naturale per lui.
N4U: Come scegliete i vostri supporter? Sembra che evitiate le scelte più popolari per orientarvi su gruppi talentuosi che non sono noti.
S: E’ sempre stato un piccolo dramma scegliere i supporter perché ci sono gruppi che ci piacciono che non possono venire perché stanno facendo un disco o perché non vogliono e noi abbiamo sempre voluto che i nostri spettacoli fossero qualcosa di più che solo il nostro concerto, abbiamo sempre voluto qualcosa che più gente apprezzasse. Od una differente esperienza musicale così che la cosa sia sempre interessante.
N4U: Pensate di fare dei video per Riot Act, o li avete già fatti?
S: Abbiamo registrato le nostre canzoni dal vivo in un piccolo locale a Seattle, e penso che ci sia un video, una versione dal vivo di I Am Mine, ma non so se sarà mai trasmesso. Sono il tipo di cose che probabilmente finiranno presto sul sito web.
N4U: Tutti quelli a cui ho detto che avrei intervistato qualcuno dei Pearl Jam hanno avuto una loro piccola avventura col gruppo… come stare seduti con voi a guardare Wayne’s World o avervi visto suonare in qualche piccolo locale e poi, dopo il concerto, fermarsi a parlare col pubblico. Tutti sembrano avere con voi una storia leggermente più intima rispetto a quelle con altri grandi gruppi. Presumo che i vostri spettacoli a Seattle fossero piccoli?
S: Sì, erano circa 1.200 persone. É divertente e ci divertiamo sempre. Non penso che nessuno di noi voglia suonare in piccoli locali tutte le sere, ma è davvero bello – puoi prenderti delle libertà che sono è difficili prendersi in posti più grandi. Ci sono così tante persone e la musica deve arrivare anche a quelli più lontani, ma quando il posto è piccolo puoi permetterti certe cose con la scaletta e puoi anche suonare più a lungo… è bello.
N4U: Come scegliete le canzoni che suonerete ogni sera? C’è uno schema particolare?
S: In genere cerchiamo di non suonare le canzoni che abbiamo fatto la sera precedente. Le ruotiamo. Penso ci piaccia fare qualcosa da ogni disco. Tenendo sempre in mente che vogliamo che la scaletta abbia una certa progressione e che quindi le canzoni devono andare bene insieme. Non facciamo sei ballate di fila – anche se a qualcuno piacerebbe. In generale proviamo a fare in modo di avere un’energia continua, senza che ci siano cadute.
N4U: Parliamo della tua esperienza da solista. Ho avuto il tuo album per circa un mese prima che il mio compagno di stanza me lo rubasse. E’ un disco eccellente. Ho letto sul tuo sito che in questo momento non sei molto interessato a fare un tour in supporto dell’album….
S: Non so, non sai mai quello che potrebbe succedere. Scrivo canzoni tutto il tempo ed è davvero qualcosa che mi appassiona molto. Per quanto riguarda il tour, la mia passione non arriva ancora a questo. Per me, una vera vacanza è essere in grado di scrivere canzoni e di registrarle, ma non ho abbastanza fiducia per fare un tour, non sono ancora arrivato a quel livello e non so se ci arriverò mai. Ma non si sa mai. Non ho registrato un nuovo disco, ma continuo a registrare nuove canzoni che potrebbero finire su un disco…
N4U: Quando scrivi una canzone sai se sarà per i Pearl Jam, per Stone Gossard o per i Brad?
S: E’ indifferente. Io semplicemente scrivo canzoni. Quando iniziamo a fare un disco dei Pearl Jam o dei Brad, guardo la lista e dico “Ok ho questa e quella”. Questa canzone potrebbe andare bene per questo album. Posso non aver pensato che fosse per i Brad o i Pearl Jam quando l’ho scritta, ma forse sarebbe grande per questo album. E’ una specie di teoria…
N4U: L’Internet Movie Database ha alcune informazioni su di te e dice che i tuoi genitori erano avvocati.
S: Mio padre era avvocato, ma ora è in pensione.
S: (ride) Mi hanno appoggiato. Anche se non capivano davvero. Mia madre suonava da giovane e ha sempre amato la musica, quando suonavo in gruppi punk non penso che avessero delle idee precise, a parte il fatto di sapere che io mi stavo divertendo. Ovviamente per me era eccitante, quindi loro erano entusiasti del mio entusiasmo. Mi hanno sempre appoggiato, non è che hanno dato testate ai muri quando ho lasciato la scuola per unirmi ad un gruppo chiamato Green River. Mi hanno appoggiato; l’hanno sempre fatto.
N4U: Sei sempre con Conservation International e Climate Neutral (gruppi ecologisti)?
S: Sì, il Conservation International ha lavorato con i Pearl Jam per fare in modo che questo tour fosse climaticamente neutro. Vuol dire che abbiamo fatto una stima di tutto il biossido di carbonio che avremmo emesso. Saranno circa 7 tonnellate! In circa 4 mesi, considerando tutti i viaggi aerei e l’energia che sarà utilizzata negli spettacoli. Per neutralizzarlo, ed essere sicuri di non aggiungerne altro, noi, con l’aiuto di Conservation International, abbiamo trovato una foresta nella Guyana Francese. Questa foresta doveva essere abbattuta e sostituita con una piantagione di palme da olio, erano circa 800 ettari… Questo più che pareggia la quantità di CO2 che immetteremo nell’atmosfera, ora quella foresta è stata preservata per noi come bilanciamento alle nostre emissioni di CO2. Almeno ora sappiano che siamo riusciti a dimezzare la quantità d CO2 prodotta dal nostro tour. Ci sembra una responsabilità globale. Penso che le industrie debbano cominciare a pensare in questo modo – Siamo eccitati da quest’idea. Penso che tutti debbano prendere in considerazione tutti gli aspetti dei loro affari e in che modo questi influenzano il pianeta. Noi immetteremo sicuramente CO2 nell’atmosfera e questo è il nostro modo per provare a neutralizzarlo.
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Pearl Jam comes to Mellon Arena in top form
Di Regis Behe
Pittsburgh Live | 26 Aprile 2003
Traduzione a cura di Angpo
La stessa natura del processo creativo impone che gli sforzi collaborativi siano soggetti alle varie personalità dei partecipanti. Più semplicemente, non è facile essere in un gruppo rock, la maggior parte dei quali ha un aspettativa di vita inferiore a un mandato al congresso.
Il che ci porta ai Pearl Jam, queste icone del suono di Seattle – grunge se volete, anche se il termine aveva a mala pena rilevanza nei suoi supposti giorni d’oro – che sono più o meno l’ultimo gruppo rimesto dai tempi delle camice di flanella nei primi anni ’90.
“Non so perché ha funzionato,” dice il chitarrista Stone Gossard, che suonerà oggi col resto del gruppo alla Mellon Arena. Gossard e il bassista Jeff Ament crearono i Pearl Jam dalle ceneri dei Mother Love Bone nel 1990, reclutando il chitarrista Mike McCready. Quindi un benzinaio/surfista incise il suo cantato su un nastro che aveva ricevuto dal futuro batterista Jack Irons. Con l’aggiunta di Vedder la filosofia del gruppo era chiaramente delineata.
“Penso a queste cose ogni tanto. E la ragione principale per cui giustifico il modo in cui, per così dire, ci siamo trovati assieme, è perché abbiamo seguito molti dei nostri ideali,” dice. “Tutti volevamo essere in un gruppo in cui tutti potessero partecipare, e volevamo essere in un gruppo che avrebbe continuato a fare buona musica anche se avesse avuto successo. E penso che abbiamo raggiunto qualcuno di questi scopi.”
Mentre ci sono detrattori che pensano che il gruppo abbia galleggiato per anni, l’ultimo album dei Pearl Jam, Riot Act, mostra la band al meglio della propria forma. Pieno di canzoni introspettive (Thumbing My Way), che ispirano (ARC), e cariche di politica (Bu$hleaguer), l’album è la prova che il gruppo è ancora rilevante ed importante.
E disposto a sorprendere, provocare e causare controversie. Vedder recentemente è stato attaccato per aver impalato la maschera del presidente Bush sull’asta di un microfono durante un concerto a Denver. Alcuni fan se ne sono andati per protesta, più tardi il cantante ha detto che il gruppo appoggia i soldati in Iraq, i quali non hanno nulla a che fare con la politica estera e che “sono laggiù a fare qualcosa che non molti di noi farebbero oggi … li amiamo, li appoggiamo.”
Gossard indirettamente fa riferimento agli ostacoli – che vanno dalla disputa con Ticketmaster alla supposta rivalità con un altro gruppo emergente di Seattle, i Nirvana – che il gruppo ha dovuto superare. “Ci sono sempre difficoltà e controversie,” dice, “cose che provocano frizione e che tentano in qualche modo di distruggere l’energia che stai condividendo. Ma devi trovare il modo di superarle”.
La maggior parte dei fan comunque sono più interessati alle scalette e alle scelta di cover che il gruppo propone ogni sera. Concerti recenti hanno visto il gruppo esegure Fortunate Son dei Creedence Clearwater Revival, Blue Grey Red di Pete Townshend; e persino Vedder eseguire una versione solista di You’ve Got to Hide Your Love Away dei Beatles. Gossard fa notare che il gruppo ha a disposizione circa 70 canzoni ogni sera, e che Vedder decide quali suonare giorno per giorno.
“Lo vedi cominciare a scrivere qualcosa nel pomeriggio, sia che ci troviamo in volo sia che stiamo effettuando il sound check,” dice Gossard. “Qualche volta 10 minuti prima di salire sul palco. Dipende da: uno, qual è il nostro umore quella sera, e due, da quello che abbiamo suonato la sera precedente… non c’è nessun mistero sul fatto che se non abbiamo suonato Animal o Black una sera probabilmente le suoneremo la sera dopo”
Ad ogni tour, dice Gossard, canzoni sono prese dai nuovi lavori e aggiunte agli elementi fondamentali dei Pearl Jam – “Better Man,” “Alive,” “Daughter” e “Jeremy” – che sono quasi obbligatori in ogni scaletta. “Questa è davvero la parte migliore dell’invecchiare insieme e continuare a suonare,” dice. “Continui ad accumulare canzoni, e hai sempre queste specie di canzoni “forzate” con cui tutti hanno un legame particolare… anche se sei stufo di queste canzoni, il modo in cui la gente reagisce a loro è così incredibile che non puoi fare a meno di divertirti.”
Gossard ha detto vecchi? I membri del gruppo difficilmente si qualificano per l’assistenza sociale (che in USA è data solo agli over 65), essendo il batterista Matt Cameron e Ament i più vecchi con 40 ann di età. Anche in un mondo come quello della musica, che scarica chiunque oltre i 30 ed abbraccia il nuovo, è chiaro che i Pearl Jam hanno raggiunto un certo status, come i REM e gli U2, che rende irrilevante l’età.
“Continuiamo a guardare avanti e sempre più avanti,” dice Gossard. “Ora siamo qui e tutti sembrano felici e in forma, c’è un livello di comprensione e di amore reciproco nel gruppo maggiore di quanto ci sia mai stato, per quanto riguarda l’accettarsi l’un l’altro. Vogliamo solo continuare così.”