Barclays Center, Brooklyn (New York) | 7 aprile 2017
Trascrizione completa
DAVID LETTERMAN
Grazie. Non so neanche dirvi quale onore e quale privilegio sia per me essere uscito di casa, giuro su Dio. So che qui doveva esserci Neil Young e la gente mi dice, come se io c’entrassi qualcosa, “Perché non c’è Neil Young al tuo posto?” – la verità è che il poveraccio non riesce proprio a stare sveglio fino a così tardi. È quello che ho sentito. È così oppure ha ingoiato un’armonica, non ne sono sicuro.
Sono così emozionato, e voi lo sapete ma per 33 anni ogni sera ho potuto vivere il dono e la benedizione della musica dal vivo. Per 33 anni. Di gente che è già nella Rock and Roll Hall of Fame e di gente che sarà nella Rock and Roll Hall of Fame. E ora da due anni non c’è più. La CBS mi ha beccato ad abusare di una fotocopiatrice e mi ha licenziato.
Quando sono venuto qui per le prove oggi pomeriggio e ho sentito di nuovo la musica dal vivo mi è tornato in mente, “Oh mio Dio, che grande dono che è la musica dal vivo!”. Conosco tutte queste persone, e la mia band e Paul Shaffer erano straordinari. Non date mai per scontata l’opportunità della musica dal vivo, questo è il messaggio che posso darvi stasera. È una gioia per me poter tornare qui per questo.
Ad ogni modo, conosco Neil Young da tanti, tanti anni. Ci siamo incontrati tanto tempo fa su farmersonly.com. Il 1988 è l’anno in cui ho incontrato la maggior parte delle persone coinvolte nei Pearl Jam. Eravamo tutti in una band chiamata Mother Love Bone. Volevo cambiare il nome in Mother Soup Bone ma loro mi hanno detto, “Vattene.” Poi nel 1991 le cose nel mondo della cultura musicale sono cambiate con l’album intitolato Ten. È stato come un Chinook che arrivava dal nord-ovest del Pacifico, c’era della rabbia dentro e faceva appello ai ventenni che si sentivano spodestati e disoccupati e lasciati ai margini. E io avevo quasi 50 anni e persino io mi sentivo incazzato. Era anche musica facile da ballare, ma questa è un’altra storia…
Poi si è scoperto che questi Pearl Jam erano qualcosa di più di una band, erano un vero e proprio organismo culturale vivente. Vedevano l’ingiustizia e vi si opponevano, che si trattasse di diritti umani, di ambiente, di povertà, non si lasciavano scivolare le cose addosso, ma lottavano e reagivano. Nel 1994 questi signori hanno rischiato le loro carriere per mettersi contro quei subdoli furbastri assetati di sangue di Ticketmaster. Quei subdoli furbastri succhiasangue! Mi piace un sacco dirlo. E per averlo fatto, per aver tenuto testa alle corporation, sono felice di dirvi, signore e signori, che oggi ogni biglietto di concerto negli Stati Uniti d’America è gratis!
Per quello che ho potuto conoscere di questi signori, loro hanno un animo davvero generoso. In effetti, sentite questa, stasera l’intera galleria è piena di ex batteristi dei Pearl Jam. Alzatevi! Voglio dire un paio di cose sulla musica di questo gruppo. La cosa bella del fatto di conoscerli da quanto li conosco io è che li conosco come amici oltre che come icone culturali, e vorrei solo dire che un giorno spero di tornare qui per introdurre il mio amico Warren Zevon.
Ora sto per leggervi una lista di canzoni e voi inizierete ad applaudire e non usciremo di qui fino a domenica… “Jeremy.” “Corduroy.” “Rearviewmirror.” Eccone una che mi piace: la canzone “Yellow Ledbetter.” Non è stata inclusa in Ten, il primo disco. Non è stata inclusa in Ten perché avevano troppo materiale buono, così hanno detto, “Non vogliamo mettere questa canzone nel disco con tutto quest’altro materiale davvero buono.” Quindi è uscita tipo come B-side. Venticinque anni dopo è diventata un inno, un’icona musicale. Questo vi dà un’idea della qualità dei signori che stanno dietro a questa musica. Per tanti altri, quella singola canzone avrebbe rappresentato un’intera carriera. “Sirens,” “Given to Fly,” “Kung Fu Fighting”…
Io avevo un programma in televisione e questi ragazzi sono stati miei ospiti dieci volte nel corso degli anni. Ogni volta che venivano, scoperchiavano il tetto dello studio. E non dico figurativamente, hanno davvero scoperchiato il tetto dello studio! Per due anni ho dovuto fare lo show senza un tetto sopra il dannato teatro.
Conoscete la canzone “Black”. C’era un periodo della mia vita in cui non riuscivo a smettere di cantare “Doo-doo-doo doo-doo-doo-doo. Doo-doo-doo doo-doo-doo-doo. Doo-doo-doo doo-doo-doo-doo. Doo-doo-doo doo-doo-doo-doo” – ottimo, ora dobbiamo loro un sacco di soldi. Giuro su Dio, sentivo solo quello nella mia testa, e continuavo a chiedermi, “Ma quante volte va avanti questo ritornello nella canzone?” – alla fine sono dovuto andare dal mio ipnotista per fermare il “Doo-doo-doo doo-doo-doo-doo.” Una sera durante lo show, sono in onda e si spalanca la porta dello studio. Entra Eddie Vedder. Canta la canzone con Paul e la band, poi viene da me, mi guarda dritto negli occhi e dice, “SMETTI DI FARLO.” E così sono guarito, signore e signori.
Vorrei raccontarvi una storia a cui sono molto legato, e parla della mia amicizia con qualcuno che ha fatto per me una cosa che ricorderò per tutta la vita. Mancavano tre puntate alla fine del mio show, e Eddie Vedder era l’ospite musicale. Ha cantato “Better Man.” Mi piace pensare che è perché fa rima con “Letterman.” C’era una certa emozione nell’aria, perché con lo show che si avvicinava alla chiusura ci rendevamo conto che stavamo dicendo addio — come ho detto prima, l’esperienza che mi manca di più è quella della musica dal vivo ogni sera — l’emozione era nell’aria, era palpabile. Alla fine dello show, Eddie Vedder è venuto da me e mi ha dato questo.
[Letterman prende una piccola chitarra acustica con dipinto sopra il nome “Harry”.]Non so se riuscite a vederlo, ma è il nome di mio figlio. Mi ha anche dato questa lettera e ha detto, “Questa lettera è per tuo figlio, voglio che tu la dia a Harry.” Penso che qui abbiamo una foto di mio figlio Harry?
[Sullo schermo appare la foto di un bambino che si accende una sigaretta, la didascalia è “Harry Letterman.”]Guardate qui. L’abbiamo portato in tutte le migliori cliniche. Ha preso un anno sabbatico alle medie, io non lo so…
Quindi, se lavorate nello show business probabilmente c’è una forte dose di cinismo in voi, e io potrei essere il presidente del club, eccetto che per cose come questa. Questa lettera a mio figlio da parte di Eddie Vedder, datata 18 Maggio 2015, tre puntate prima della fine. Ora ve la leggerò, se non vi dispiace.
“Ciao Harry.” Questo è Eddie che si rivolge a mio figlio. “Ciao Harry. Il mio nome è Eddie Vedder e sono amico del tuo papà. Volevo che avessi questa piccola chitarra per iniziare. Provala, fai un po’ di rumore. Io ti propongo un accordo: se tu impari a suonare anche solo una canzone con questa chitarra, te ne farò avere una più bella e più grande per il tuo compleanno – magari un’elettrica. Fammi sapere.” E mio figlio ama pescare – Eddie qui aggiunge, “Suonare la chitarra è un po’ come pescare. Pescare canzoni. Buona fortuna, Harry, per ogni cosa. Sinceramente tuo, Ed.”
A quanto pare mio figlio suona uno strumento a corda, ma è il violino – ci si avvicina abbastanza. Ci sono parecchi motivi per cui queste persone sono nella Hall of Fame, ma perdonatemi se per me personalmente questo è il motivo più importante per cui sono nella Hall of Fame.
Dunque eccoli, signore e signori. Chitarra: Mike McCready. Chitarra ritmica: Stone Gossard. Batteria: Matt Cameron e Dave Krusen. Al basso, da Big Sandy nel Montana: Jeff Ament. Voce e chitarra: Eddie Vedder. Sono onorato di introdurre nella Rock and Roll Hall of Fame i leggendari Pearl Jam.
STONE GOSSARD
Grazie. Grazie. Grazie. Il motivo forse più importante per cui siamo qui stasera non è ricevere un’onorificenza, ma onorare quelli che hanno lavorato così duramente per questa band, che l’hanno aiutata a funzionare, a crescere, a prosperare. Noi tutti potremmo riempire pagine intere con i tanti nomi dei membri delle nostre amorevoli famiglie, dei nostri più cari e vecchi amici, delle nostre influenze, dei nostri idoli, dei nostri collaboratori, dei nostri consulenti, dei nostri contributori, della gente che ha mediato per noi, che ha fatto pressioni per noi e che ci ha assistiti in innumerevoli modi.
Quelli che hanno lottato per noi, che si sono fatti carico di noi, che sono stati in disaccordo con noi, che ci hanno dato la giusta prospettiva, che ci hanno incoraggiato, che ci hanno dato delle spalle a cui appoggiarci o su cui piangere. Hanno riempito noiose scartoffie, fatto infinite pianificazioni, lunghe telefonate, lavoro al computer, tortuosi viaggi aerei, viaggi in macchina, in condizioni terribili. Hanno montato impianti di illuminazione e avvolto infiniti cavi, acquistato migliaia di tamburelli, cambiato decine di migliaia di batterie e persino passato l’aspirapolvere. Tutto questo solo per permettere a questa band di andare avanti. A volte di avanzare solo lentamente.
A tutte queste persone noi porgiamo i nostri più sinceri e profondi ringraziamenti. Il vostro duro lavoro, il vostro amore e la vostra dedizione significano che questo riconoscimento vale tanto per voi quanto per noi. Ci fate sentire una grande e felice “jamily”. In ordine sparso, porgiamo i nostri più sinceri ringraziamenti a George, Karrie, Liz, Simon, il nostro manager Kelly Curtis, Josh, John, Neil, Donnie, Nicole, Kevin, Brett, Jimmy Shoaf, Jimmy V, Andy, Sarah, Dicko, Dave Rat, Pete, Sonny, Larry, Jesse, Kille, Blue, Dan, Tommy, Peter, Nelly, Glen, Gary, Carol, Goldie/Michael Goldstone, Michele Anthony, Keith Wissmar, Eric, Anna, Elliot, il nostro storico produttore Brendan O’Brien. Mark Smith, grazie tante. Tim B, Tim P, Rob, Ryan, Adrien, Gavin, Will, Karen, Jess, Christian, Siggy, Jamie, Betsy Lee, Dana, Raven, Scully, Jeff O, The Glews, Schnapp, Jacqueline, Harvey, Lance, Rod, Don, Diana, Dan, Sara B, Tom Conklin, Stranger, Brian, Doyle, Radar, Davy, Lampy, Josh, Marty, Barry, Coby, Sam, Mat, Sunil, Brad, e Regan. E inoltre… e inoltre, tutti gli incredibili artisti che hanno ideato quelle che forse sono alcune delle nostre creazioni più durature, tutti i nostri incredibili poster dei tour.
Ma più ancora di tutte queste meravigliose persone, vogliamo ringraziare i nostri fan e il nostro fan club, la cui fede in noi ci ha aiutati a superare i momenti in cui non ci credevamo più, o avevamo perso la speranza, o perso il filo del discorso, o ci eravamo persi a vicenda. Grazie infinite alla grande comunità dei Pearl Jam, la cui fiera autonomia ed espressione in continua evoluzione è tuttora fonte di stupore e meraviglia per noi. Continuate a fare quello che fate, noi ci divertiamo tantissimo a guardarvi.
Infine, vorrei ringraziare le nostre incredibili mogli. La mia incredibile moglie, Vivien, la sua bellissima famiglia, i nostri bellissimi bambini Viv, Marlowe e Faye. Mia mamma e mio papà, le mie sorelle e le loro famiglie. Grazie a tutti per averci concesso questa opportunità e questo onore.
DAVE KRUSEN
Hey, vorrei ringraziare la Hall of Fame per avermi introdotto con questa incredibile band. I Pearl Jam mi hanno salvato la vita. E la Jamily, la mia famiglia e i miei figli, vi amo ragazzi. Grazie.
MATT CAMERON
Salve. Salve. Grazie a tutti per essere qui stasera. Siamo molto onorati di essere qui. Vorrei solo ringraziare la mia… la mia musa, la mia ragazza, la mia speciale signora, April Cameron. I nostri bellissimi figli, Raymond e Josie. Vorrei ringraziare i miei genitori per avermi fatto conoscere Count Basie e per avermi lasciato suonare la batteria in casa loro per circa una decennio. Lo apprezzo davvero.
Grazie a mio fratello e a mia sorella per avermi portato al mio primo concerto, David Bowie, Station to Station, 1977. Un’esperienza che mi ha cambiato la vita. Vorrei ringraziare i miei fratelli nei Pearl Jam per avermi invitato a far parte della loro incredibile famiglia nel 1998. I miei fratelli nei Soundgarden per avermi invitato nella loro band nel 1986. E so che è già stato detto, ma… apprezziamo così tanto i fan e la linfa vitale che infondete alla nostra forma d’arte, il rock and roll. Grazie.
MIKE McCREADY
Grazie. Grazie mille. Whoo! È una bella sensazione. Ci sono dei momenti cruciali nella vita che ti cambiano per sempre. Io ne ho avuti molti, ma il primo è stato nel 1976. Ero nei boy scout. È stato il giorno, quando avevo 11 anni, in cui i miei amici Danny e Rick mi hanno parlato di una rock band, i Kiss. Quella sera stessa ho chiesto una chitarra ai mei genitori. Vorrei ringraziare mia mamma, Louise McCready, per il suo amore e sostegno, per avermi insegnato tutto su Warhol e i Rolling Stones, e a tingermi i capelli. Mio papà, Roy McCready, grazie per avermi dato l’amore e una guida e per avermi insegnato ad allenare mente, corpo e spirito. Grazie alla mia prima band, gli Shadow, e alla famiglia Friel per aver permesso a noi Shadow di fare le prove in casa loro per sei anni, cinque giorni alla settimana. Grazie mille.
Grazie alla mia seconda band, i Pearl Jam. Siete i miei fratelli. Vi amo. Vi amo ragazzi. Amo le vostre famiglie. Una volta il mio caro amico Duff McKagan mi ha detto, “Voi siete stati bravi”. Ma noi siamo bravi solo quanto lo sono le persone che ci circondano. Il nostro manager – Kelly Curtis, Michele Anthony, Michael Goldstone, Nicole Vandenberg, George Webb, Donnie Spada, Chris Adams, Brendan O’Brien e tutte le persone che lavorano nei nostri uffici, il nostro fan club, la nostra road crew e tutte le persone che ci sostengono permettendoci di fare quello che amiamo.
Vorrei ringraziare i Red Hot Chili Peppers per averci portato in tour agli inizi e averci trattato così bene. Ci sono così tante band che mi hanno ispirato, inclusi i Cheap Trick, i Queen, Bowie, Hendrix, gli Stones, i Beatles, gli UFO, i Kraftwerk, i Ramones, Brandi Carlile, le Sleater-Kinney, i Kills, i Social Distortion, Muddy Waters, i Sex Pistols, i Clash, e la mia nuova band preferita, i Thunderpussy, e anche gli Stereo Embers, solo per citarne alcuni. I miei amici e la mia famiglia, tanti di voi che sono qui stasera e gli altri che non sono riusciti a venire – mi date il sorriso e mi insegnate a vivere. Vi amo tutti, tutti i miei amici e la mia famiglia che sono qui stasera. E tutti i nostri fan, grazie per essere rimasti con noi per così tanto tempo.
E per finire, grazie alla mia incredibile moglie, Ashley, che tiene tutto assieme, tiene assieme il mio mondo, ti amo, 1-4-3. E ai nostri ragazzi, Kaia, Jaxon e Henry, mi ispirate a essere un genitore migliore e vi amo. Bene. Grazie.
JEFF AMENT
Quando avevo 12 o 13 anni, mio zio Pat mi diede alcuni singoli, uno dei quali era “A Well Respected Man” dei Kinks. Questo coincise con la lettura di “Morte di un commesso viaggiatore” nella classe del Signor B. in seconda media. Dopodiché intrapresi un percorso per non diventare mai come Willy Loman o come il triste uomo in giacca e cravatta di cui Ray Davies parlava nella canzone, cosa che in qualche modo ho messo a frutto in una vita passata a suonare all’interno di gruppi. Quindi, se vi sembro un pochino nervoso, date la colpa a Ray e ad Arthur Miller, visto che non mi sono mai trovato molto a mio agio in una stanza piena di gente ben vestita.
Nel 1983 mi sono trasferito a Seattle in cerca della mia tribù. Altri artisti, musicisti, individui, grandi lavoratori, skateboarders, ragazzi che parlavano dei temi politici di Joe Strummer, Jello Biafra e Dave Dictor, e di artisti come Francis Bacon, Basquiat e Pettibon. Ho trovato un sacco di gente così, molti di loro sono ancora miei amici. Ho incontrato Stone il primo mese che ero a Seattle a uno di quei primi concerti punk rock che frequentavo quasi 35 anni fa, cosa che alla fine mi ha portato alla nostra band e alla nostra comunità.
Trovarmi qui con la band, persone che nel frattempo sono diventate alcuni dei miei migliori amici, fare musica e arte, girare il mondo, sostenere cause e programmi insieme, fare piccole differenze, incontrare grandi artisti e menti creative in tutto il mondo. È una gran bella cazzo di vita. Grazie.
È un onore e una cosa sbalorditiva entrare a far parte di un club che include così tanti dei nostri eroi: Neil, i Clash, gli Zeppelin, gli Stooges, i Cheap Trick. Ma la realtà è che siamo stati influenzati, e infettati, da band che qui non ci sono. Tante band importanti che ci hanno fatto venire voglia di prendere in mano le chitarre e scrivere canzoni: Roxy Music, The Jam, Devo, X, Black Flag, Dead Kennedys, Jane’s Addiction, e tanti altri, tutti meritevoli.
Ma la cosa migliore di stasera è che mia mamma, che mi ha dato le chiavi per il pianoforte e per le arti, e mio papà, che mi ha insegnato il duro lavoro e il senso di comunità, sono qui con la mia famiglia. E come ha detto prima Dave, solo loro sanno quanta distanza c’è tra Big Sandy nel Montana e il Barclays Center. Quindi, questo è per ogni ragazzo di provincia che ha un sogno. Grazie a tutti quelli che ci sostengono e che ci ispirano: i nostri grandi amici, tutti quelli che lavorano con noi, con la band. Kelly e George sono con noi da 27 anni – 26 anni. Ma in particolar modo grazie a Pandora, che ogni giorno sopporta la mia consistente inconsistenza. Grazie. Ti amo.
EDDIE VEDDER
Bene. Siete molto gentili. Grazie mille. Vorrei solo cominciare ringraziando tutti quelli che sono venuti prima di noi. I trilobiti, i tetrapodi, i primati, l’homo erectus. Senza di loro saremmo molto meno evoluti. Ed eccoci qui, nella nostra epoca tecnologicamente moderna, tecnologicamente avanzata, e dobbiamo evolverci ancora parecchio. È l’evoluzione, baby.
Quindi, il cambiamento climatico è una cosa reale. Non si tratta di “fake news”. E noi… non possiamo… non possiamo essere ricordati come la generazione a cui la storia guarderà chiedendosi “perché non hanno fatto tutto quello che era umanamente possibile per risolvere la più grossa crisi del nostro tempo?”. Tutto si può ottenere. I Chicago Cubs che vincono le World Series ne è la prova. E uso questa analogia in relazione al cambiamento climatico perché è fattibile, ma il fatto è che non abbiamo 108 anni per aspettare che accada.
Fortunato e grato sono due cose che mi sento ogni giorno. Sono semplicemente grato di essere vivo. Vorrei anche scusarmi pubblicamente per aver fatto soffrire i miei compagni nella band, per via di un cantante che si arrampicava sulle travi del soffitto e si appendeva ai tubi, e che saltava dagli spalti… non se lo meritavano proprio.
Ma, sapete, quello che loro non sapevano era che la persona a cui avevano dato il lavoro, che il loro cantante era… che gli piaceva davvero tanto Evel Knievel! Ma era anche il potere della musica. Giuro, ero in grado di sostenere il mio intero corpo con un solo dito, ma senza la musica non sarei stato in grado di farlo con tutte e due le mani. È il potere del rock and roll. Solo un esempio…
Quando penso all’alta quota, penso a mia moglie, Jill. Sapete, un aquilone non si solleva in aria a meno che qualcuno non tenga il filo…
UOMO TRA IL PUBBLICO [urlando] Ti amo, Eddie!
Oh caspita, tesoro, pensavo che fossi seduta qui davanti!
Ma è una cosa così importante, sapete, specialmente se quell’aquilone vola molto in alto, devi davvero fidarti della persona che regge il filo. E quella persona deve essere leale e credere in te, e poi deve avere la forza per farti tornare indietro. E quindi a mia moglie Jill, ti dico grazie, non vedo l’ora che arrivino i nostri giorni futuri a terra, insieme. E sono lieto di tenere il filo per te quando ti capita di alzarti in volo, come fai tu.
Le mie due figlie, Olivia e Harper. Cerco di insegnar loro tutto quello che so, e loro mi insegnano il resto, che è più di quanto… di quanto so io.
UOMO TRA IL PUBBLICO [urlando] Eddie!
Arriverò anche a te… e se in qualche modo, chissà come, Chance the Rapper vedrà o sentirà mai questo, vorrei solo dirgli, mia figlia Olivia ti adora, quindi hai la nostra massima approvazione. E Chance, vorrei anche ringraziarti per tutto il grandioso lavoro che stai facendo a Chicago. È il genere di attivismo che dà speranza a tutti noi. Dunque, queste tre ragazze, le amo più di ogni altra cosa, non so dirvi quanto.
Ed è parecchio – e questo la dice lunga, perché io amo davvero gli Who! E i Ramones e The Band e i Fugazi e Iggy Pop e le Sleater-Kinney e i Guided by Voices, e la lista va avanti all’infinito perché ho ascoltato musica ogni giorno della mia vita, per tutta la vita. Spesso in piccoli appartamenti. Crescendo ho vissuto in alcuni posti molto piccoli con la mia famiglia. Mia mamma è qui… e i miei fratelli.
Mia mamma… davvero un buon genitore. Lei non ci diceva di abbassare il volume, in un certo senso finiva per diventare fan dei gruppi che ascoltavamo a volume molto alto. E i miei fratelli, con cui sono cresciuto ascoltando tutta quella musica insieme, cerco sempre di far sentire loro le nostre canzoni, le nostre nuove canzoni in anteprima. Loro sono un buon barometro, mi conoscono da abbastanza tempo da capire quando sto combinando qualche stronzata e fanno sì che io resti onesto e che la musica resti sincera.
Jase, Mike, Chris – ci manchi, Gina, voglio bene anche a te. Sapete, ma quanto sono stato fortunato ad aver incontrato Jack Irons. All’epoca lavoravo in un club… eccolo lì, Jackie. Lavoravo come membro della crew a un concerto di Joe Strummer, in un piccolo club a San Diego. Prima del mio turno di notte, ho incontrato Jack, che è stato il primo batterista dei Chili Peppers. Lui è già un membro della Rock and Roll Hall of Fame ed è qui stasera. Senza questo incontro, niente sarebbe successo, perché non avrei mai incontrato Jeff e Stone, non sarei in questo edificio, probabilmente non sarei nemmeno su questo pianeta, e sicuramente non mi troverei nel posto in cui mi trovo ora.
Jack, grazie tante, e grazie per la tua amicizia. E sei stato un grande batterista per il nostro gruppo! In un certo senso siamo stati così fortunati ad avere avuto vari batteristi. E sapete, occupare quel posto allo sgabello della batteria… o il trono, perché sono tutti dei re. Siamo stati così fortunati, perché ognuno di loro era un grande. Ma è Matt Cameron quello che ci ha davvero tenuti in vita negli ultimi 15, 16, 17 anni.
In un periodo in cui non sapevamo – non eravamo sicuri di cosa sarebbe successo, lui ci ha permesso non solo di sopravvivere, ma di prosperare, ed è diventato uno dei nostri fratelli. E avrebbe finito per ricevere comunque questo riconoscimento, con noi o con l’altro suo gruppo, che è dannatamente buono, quindi tornerà qui. Abbiamo avuto il grande Dave Abbruzzese. Era una grande batterista – è un grande batterista. È un gran cazzo di batterista! Gli auguriamo ogni bene.
Matt Chamberlain, Jack, e ora Dave Krusen, con cui ci siamo ritrovati a suonare questa settimana per la prima volta in 25 anni. È bello vederlo, è una grande persona. E a proposito di Dave – Dave Abbruzzese, Dave Krusen – vorrei davvero ringraziare Dave Letterman per aver preso parte alla nostra onorificenza stasera. Lui non lo sa, ma quando facevo il turno di notte al lavoro – quattro anni di turno di notte – stavo lì dalle 23 di sera alle 7 di mattina e c’era questo piccolo televisore rosso… ero una guardia di sicurezza, c’era un piccolo televisore rosso e Dave è stato il mio co-pilota ogni giorno della settimana, ogni notte in cui ho lavorato, per quattro anni.
E vederlo quassù, è davvero un onore ricevere un’onorificenza da lui. Sono passate tante grandi band nel suo show. Tante band che in seguito sarebbero diventate influenti per me le ho viste per la prima volta al Letterman show. Vorrei solo raccontare la mia versione dei fatti di quando sono andato nel suo studio e ho preso il microfono per cantare “Black.”
Lui canticchiava quel “Doo-doo-doo doo-doo-doo-doo. Doo-doo-doo” e l’ha fatto ogni notte per circa tre mesi. Io guardavo sempre il suo show e la cosa stava cominciando a farmi impazzire. Poi la cosa ha iniziato a prendere una strana piega. Ad un certo punto ricordo che avevo fumato qualcosina e me ne stavo lì a rilassarmi a fine serata, e lui continuava a dire, “Paul, quando avremo questa band ospite al nostro show? Quando verranno nel nostro show?”
Paul rispose, “Non lo so, non li…” “Li hai chiamati?” “Non l’ho fatto.” Poi Dave cominciò a guardare nella TV — io ero fuori come un balcone e Dave Letterman, che era stato il mio co-pilota quando facevo l’addetto alla sicurezza, stava guardando dritto nella telecamera, che trasmetteva nella mia camera da letto, “Eddie… Eddie… vieni qui Eddie.” Era assurdo. Pensavo che la TV mi stesse parlando. Andai fuori di testa. Sul serio, sapete, pensavo tipo che me sarei dovuto andare in riabilitazione. Totalmente andato.
Per finire, ne abbiamo passate tante, come gruppo, e se non fosse stato per tutte le persone là fuori a cui importava la nostra musica, se non fosse stato per tutte le persone là fuori che venivano ai concerti e portavano la loro energia… quelle sono state le cose che ci hanno davvero permesso di restare insieme, e sentivamo una responsabilità nei confronti della musica che andava oltre noi stessi, oltre qualsiasi nostro personale bisogno di spazio o qualunque cosa fosse – sapevamo di essere migliori insieme che per conto nostro.
E siete stati voi a galvanizzarci e a forgiare una fratellanza e una famiglia. Amo così tanto queste persone. E amiamo passare il tempo insieme e andare in tour. Amiamo suonare. Amiamo scrivere. Amiamo registrare. E sento che forse siamo circa a metà strada per poter meritare una cosa come questa… un riconoscimento di questo livello, forse a metà strada, ma questo è un bell’incoraggiamento e ne siamo davvero grati. Grazie, grazie mille.
Traduzione © www.pearljamonline.it