Jamming over Pearl’s latest tracks
Con il nono disco in studio della sua band che sta per arrivare nei negozi, Eddie Vedder commenta con Brad Wheeler le 11 nuove canzoni
By Brad Wheeler
The Globe and Mail | 16 settembre 2009
Traduzione a cura di Irene
“Penso che ci abbiano scoperto” dice Eddie Vedder, facendo un cenno di saluto a un paio di fan che lo guardano attraverso le porte-finestre del suo camerino d’angolo, collocato un paio di piani sopra l’acqua al Molson Amphitheatre di Toronto sulla riva del lago. “Potrebbero avermi visto prima, mentre mi stavo cambiando.”
Il cantante-guerriero non aveva considerato prima le vetrate, quando si è spogliato senza chiudere la porta del bagno. Ride al pensiero, ma, in realtà, la cosa divertente è l’idea di Vedder che offre se stesso al mondo. E’ sempre stato un generoso performer sul palco ed è molto schietto, ma allo stesso tempo è sempre stato prudente, particolarmente all’inizio, dopo il successo travolgente di Ten, il clamoroso debutto dei Pearl Jam del 1991. La band smise di fare video, fece una battaglia legale con Ticketmaster sui prezzi dei biglietti. Facevano musica, ma non partecipavano al gioco.
Adesso, però, un paio d’ore prima del concerto dei Pearl Jam qui in Agosto, Vedder è più che disponibile a parlare del nono album in studio della band, Backspacer prodotto da Brendan O’Brian, che uscirà domenica. “Questo album sembra aver seguito una sua sequenza” dice Vedder, accarezzandosi la barba. “E’ anche come se le canzoni si fossero scritte da sole, in uno strano modo. Ci abbiamo messo tanto lavoro, ma allo stesso tempo è stato veloce e anche molto facile”.
Seduto su un divano con tutti i suoi compagni di strada a portata di mano – un pacchetto di sigarette American Spirit, il raccoglitore con tutte le canzoni, una chitarra acustica da viaggio, una valigia vecchio stile – Vedder racconta tutta la storia pezzo per pezzo di un disco di rock essenziale di appena 36 minuti. “Nessuna di queste canzoni è diventata un compito a casa” spiega. “Quelle che lo erano, non sono finite nel disco”.
E se il materiale è arrivato velocemente, l’album non ha niente di fugace, dice l’uomo che scrive i testi e le set list. “Penso che saranno delle canzoni che ci piacerà suonare per molto tempo”.
Qui di seguito, Vedder racconta il retroscena delle canzoni che ascolterete per un po’.
Gonna See My Friend
Un pezzo rock duro, ad alta energia, da ascoltare ad alto volume.
“Tutto quello che mi ricordo è di averla scritta in una stanzetta su un tavolino con un piccolo registratore a quattro piste. L’ho ascoltata subito a volume alto, senza disturbare i vicini. Lavoro usando molto le cuffie. Non mi rimarrà niente dell’udito. Tutti noi facciamo sacrifici al lavoro, e il mio udito ovviamente sarà la prima cosa ad andarsene”.
Got Some
Una delle canzoni influenzate dal pop new-wave degli anni ‘80.
“Qui parlo della musica da mettere su quando non sai come farai ad andare al lavoro, quando proprio non te la senti. A Seattle piove in media 220 giorni all’anno – ci sono un sacco di mattine in cui è dura mettersi in moto. Questa canzone lo farà”.
The Fixer
Il primo singolo, con un essenziale riff rock.
“Cari uomini, tutti noi pensiamo di poter aggiustare qualsiasi cosa. Non è necessariamente una buona cosa. In una relazione, una donna dirà ‘Questa cosa è sbagliata’ e noi ‘La sistemerò, non ti preoccupare, possiamo aggiustarla’. Queste persone meravigliose, la donna con cui hai una relazione, non vogliono che tu aggiusti le cose. Vogliono solo che tu ascolti quello che sta succedendo: ‘Non aggiustarla, voglio che tu condivida questa cosa con me – che la senti’. Questa canzone è un promemoria per me, per ricordarmi di smettere di aggiustare”.
Johnny Guitar
Un brano angolare stile Elvis Costello ispirato da una foto di copertina di un album del chitarrista pimp-blues Johnny (Guitar) Watson che era incollata su un orinatoio in un bagno per uomini. “Effettivamente non è la prima volta che prendiamo ispirazione da qualcosa sul muro di un bagno. E’ una storia inventata su un ragazzino che si innamora di una ragazza sulla copertina di un disco. Immagino che debba essere successo parecchie volte”.
Just Breathe
Nata da una canzone della colonna sonora di Into the Wild di Vedder, con l’aggiunta di violini e corni.
“Non c’è mai un momento monotono quando sei on the road – ogni giorno succede qualcosa. Forse è per questo che il mio obiettvo è un momento di lentezza. La canzone è proprio questo: dice ‘Fermiamoci e stiamo insieme. Non parliamo ora, respiriamo soltanto e sentiamo la presenza l’uno dell’altro – adesso che i bambini sono a letto’.
Amongst the Waves
Sui flussi e riflussi – della relazione di una coppia o anche quelli di una rock band di lunga data.
“Sulla potenza di questo album, siamo felici di dove si trova ora la band. La nostra relazione dura da tanto tempo, ma è diventata una relazione aperta. Siamo aperti ed onesti. Le cose vanno avanti molto facilmente – ci sentiamo come una gang. Ci sentiamo come un gruppo di individui galvanizzati. Come onde, penso che siamo in alto”.
Unthought Known
Il frutto di un libro, una chiacchierata con una attrice e una sera tardi.
“E’ su una conversazione con Catherine Keener, e un libro – penso che si chiamasse proprio Unthought Known. Ero tornato tardi al mio hotel a New York, e sono andato avanti per un’altra ora. Avevo superato i limiti di quanto si può bere e fumare, e questa canzone è venuta fuori da lì. Credo che il pensiero della canzone sia che ci sono cose che conosciamo, e sono dentro di noi, ma non ne abbiamo la cognizione. Ma sono lì, e noi basiamo su di esse le nostre decisioni”.
Supersonic
Una traccia imponente scritta due anni fa dal chitarrista Stone Gossard, con il testo di Vedder sul vivere la vita con il volume al massimo, e il bisogno di musica ad alto volume.
“C’è qualcosa su questa infusione di energia. E’ una cosa tangibile che ti dà la stessa energia di una droga. Può farti cambiare umore. Io penso che [la musica rock] sia la più grande forma d’arte che ci sia, perché contiene così tanti elementi, e il volume è uno di essi. Ma la velocità, il ritmo, e il lato letterario di un buon testo, possono realmente trasportarti”.
Speed of Sound
Una traccia meditativa, down-tempo con complessi cambiamenti di accordi, derivata da una sessione di songwriting con un chitarrista dei Rolling Stones.
“Stavo lavorando con Ronnie Wood per un disco che lui stava mettendo insieme. Mi aveva chiesto se potevo contribuire con alcune parole, cosa che mi eccitava molto perché amo la sua voce. Questa canzone particolare era un po’ difficile da trascrivere però, così è finita nella corte [dei Pearl Jam]. L’ho suonata a Brendan alle quattro del pomeriggio, e il pomeriggio successivo era terminata”.
Force of Nature
Una classica vibrazione grunge in stile Pearl Jam, originariamente intitolata Distant Planet.
“E’ sulla forza di una persona nella relazione, quando si riesce a resistere ad alcuni errori dell’altro – forse la dipendenza dalla droga, o un periodo di smarrimento. La persona nella canzone è il faro per l’altra persona bloccata nella tempesta”.
The End
Una ballata in stile Springsteen, con archi, che parla di un futuro incerto.
“Ho ricevuto una telefonata da un amico, dalla Spagna. Non potevo rispondere perché stavo registrando la parte di chitarra. Avevo scritto metà del testo della canzone. Quando ho sentito il suo messaggio, aveva detto qualcosa che mi ha facilitato a scrivere il secondo verso e, in 20 minuti, era terminata. E’ successo così in questo disco. Si trattava di scrivere le cose veloci – non c’era posto per le altre cose. Vedremo quanto durerà un approccio di questo genere. Ma è il modo giusto di fare, per noi, in questo momento”.